Villa Trissino a Cricoli
Saremmo capaci di riconoscere il genio, se ce l’avessimo accanto e non fosse ancora acclamato come tale?
Col senno di poi è facile, profondersi in complimenti davanti a capolavori come la Basilica o La Rotonda. Ma se avessimo davanti un Andrea Palladio da giovane, che ci si presenta come un manovale o poco più, sapremmo immaginare cosa la sua fantasia e il suo talento sarebbero in grado di realizzare?
Quando si guarda con ammirazione una delle sue architetture, con altrettanta ammirazione bisognerebbe rivolgere un pensiero a chi ha intuito le sue capacità, chi ha spinto affinchè continuasse la sua formazione, chi si è fidato e gli ha affidato i primi lavori. Bravo Gian Giorgio Trissino!
Sulla strada Marosticana, dove oggi il tessuto urbano si complica di palazzine anni Settanta, rivendite di auto e distributori, ai suoi tempi doveva esserci solo il silenzio della campagna. La sua villa si trova al civico 5, nel Cinquecento i numeri civici nemmeno esistevano, ma era difficile perderla di vista, così lucente e raffinata, bianca e rosata nella pianura verde.
Fu proprio qui che accadde la magia: il celebre umanista e diplomatico stava sorvegliando i lavori della propria residenza estiva, quella a cui era più affezionato, quando notò l’abilità di un tagliapietra appena trentenne di nome Andrea, “fiolo de Piero da Padova, monaro”. L’intellettuale si interessava di tanto, quasi di tutto, anche di architettura (argomento sul quale aveva abbozzato un trattato). Vide nella mano e negli occhi del ragazzo qualcosa che nessun altro vide e decise di sostenerlo, di introdurlo nelle migliori famiglie vicentine e di trasformarlo: fu lui ad attribuirgli il nome con cui resterà famoso, il Palladio.
Mentre l’artista seguiva la propria buona stella, Trissino trasformava la villa di Cricoli in un’accademia, riservata alla crescita della migliore gioventù veneta, ritrovo di letterati e umanisti. All’ingresso volle apporre questa targa: Academiae Trissinae lux et rus.
Quindi lo scalpellino diventò il più noto architetto della sua epoca, l’intellettuale continuò a perseguire la sua scintillante missione culturale. Tutto è bene quel che finisce bene? Mai. Qui dove avvenne il formidabile incontro, Trissino dovette piangere lacrime amare. Impegnandosi nell’educazione di tante giovani menti, probabilmente aveva trascurato il cuore del figlio, Giulio. Il dissidio tra i due era totale, riguardava sia questioni patrimoniali che spirituali (Giulio, benché canonico della Cattedrale di Vicenza, esprimeva simpatie calviniste e luterane). Il padre giunse al punto di diseredarlo. Il figlio tuttavia con una battaglia legale riuscì ad accaparrarsi la villa di Cricoli. Trissino finì i propri anni solo, a Roma, maledicendo in versi il tribunale di Venezia, e ricordando con nostalgia l’elegante residenza.
Cosa fine fece la villa, concluso l’alterco familiare? Nel Settecento venne restaurata dagli architetti Ottone Calderari e Giacomo Fontana, che distrussero la facciata posteriore in stile gotico a favore di un più comune stile neoclassico, e sul finire dell’Ottocento l’ultimo erede di Giulio decise di venderla.
Nuovo proprietario divenne il Conte Sforza della Torre, che vi intraprese grandi lavori: edificò un’imponente costruzione rurale, una serra, eliminò la cinta muraria originale e inserì una nuova cancellata, soprattutto svuotò gli interni di tutte le loro meraviglie, cancellando dai muri anche gli affreschi. Lo stravolgimento si fermò d’improvviso, nel 1913, con la morte del Conte.
Durante la Prima Guerra Mondiale il complesso venne requisito dalle autorità militari e nel 1920 fu comprato da Francesco Rigo, che iniziò piano piano a farlo rivivere, restituendo dignità e bellezza all’immobile e al giardino che lo accompagna.
Oggi la villa è compresa nei beni Unesco ed è tutelata come Patrimonio Mondiale dell’Umanità, insieme all’ampio parco storico, ricco di alberi più che centenari.