Villa Mensa
Via Magnanina 3,
Sabbioncello San Vittore, Ferrara

Villa Mensa nacque come torre di avvistamento e punto di controllo del fiume tra il XII e il XIII secolo, quando il Volano costituiva la principale via di comunicazione tra Ferrara e Ravenna.
Venne trasformata in una vera e propria residenza nel Quattrocento ed è bene ricordare che, pur essendo spesso nominata tra le Delizie Estensi, essa non fu mai propriamente inclusa nei beni della Camera Ducale. Fu tuttavia collegata ai signori di Ferrara per i personaggi illustri che la sfruttarono come piacevole soggiorno nei mesi più caldi, soprattutto alti prelati. Essa infatti prende il suo nome dal linguaggio dell’amministrazione ecclesiastica, dove il termine mensa indica un insieme di possedimenti e di redditi. Più precisamente si parla di mensa episcopale quando ci si riferisce al patrimonio della chiesa vescovile, dai cui proventi in natura e in danaro veniva ricavato il mantenimento del vescovo e della sua famiglia. Un primo ampliamento della torre di avvistamento fu realizzato aggiungendo un fabbricato che fece assumere al complesso la forma di una L. In quest’ala, considerata la più antica, si trova tuttora la chiesa di Sant’Agata. Successivamente Bartolomeo della Rovere, vescovo di Ferrara e nipote del Papa Sisto IV, fece aggiungere un secondo fabbricato parallelo, trasformando la L in una C, aperta verso l’attracco. Una lapida in marmo – tuttora leggibile – colloca questo intervento nella seconda metà del Quattrocento. A inizio Cinquecento anche il Cardinale Ippolito I d’Este programmò delle variazioni, coinvolgendo nel cantiere il celebre Biagio Rossetti, e lo stesso volle fare poi il Cardinale Luigi d’Este. Quinto figlio di Ercole II d’Este e Renata di Francia, egli cercava di evadere dalla frustrazione e dalla noia della vita ecclesiastica frequentando assiduamente questi luoghi, spesso intrattenendo qui relazioni con avvenenti dame di corte e discorrendo con l’amico letterato Torquato Tasso, che a lui dedicò la sua prima impegnativa opera poetica, Il Rinaldo. La Mensa si trasformò da fulcro amministrativo e gestionale della Curia in villa di rappresentanza, dotata di un loggiato al piano terra su modello dei palazzi urbani. Un rifugio dedicato all’otium e allo svago, secondo i canoni della cultura rinascimentale e barocca. Alla fine del Cinquecento il vescovo Giovanni Fontana fece ulteriori modifiche ma poco dopo, con la Devoluzione, che allontanò gli Estensi e ricomprese il territorio tra i beni della Santa Sede, il luogo purtroppo perse d’importanza.


Qualche lavoro fu comunque successivamente portato a termine, come gli affreschi al piano nobile e le decorazioni del Salone d’Onore, con i soffitti lignei finemente impreziositi di araldiche seicentesche e gli stemmi riconducibili al Settecento. Anche l’attuale cappella fu ricostruita in quel periodo, assumendo la forma e le decorazioni attuali. A inizio Ottocento la torre venne trasformata in colombaia e anche i prospetti esterni vennero ridisegnati, per dare all’immobile un’immagine unitaria. Nel 1834 proprio questo luogo venne scelto dal Cardinale Filippo Filonardi, celebre storico e teologo, per trascorrere in pace gli ultimi suoi giorni di vita. Con l’Unità d’Italia la proprietà venne incamerata dal Demanio Nazionale. Seguirono una serie di cessioni fino al 1888, quando subentrarono i fratelli Gustavo e Severino Navarra, che insediarono qui sia la loro Fondazione che Scuola Pratica di Agricoltura. Nel breve periodo intercorso tra l’appropriazione statale e la nuova gestione le sale furono adibite a molti usi diversi: ospitarono un orfanatrofio e divennero anche abitazione per i mezzadri. Si andò così a compromettere ed alterare decisamente lo stabile e le sue decorazioni, con abbattimenti e nuove edificazioni abusive. La nuova vita di Villa Mensa ha inizio nel 1999, con il riconoscimento Unesco del Delta del Po, considerato Patrimonio mondiale dell’Umanità. La villa infatti venne annoverata fra i siti eminenti di questo straordinario territorio e anche grazie a questa spinta, pochi anni dopo il Comune di Copparo e la Provincia di Ferrara riuscirono ad acquistarla, avviando un impegnativo processo di recupero e di messa in sicurezza. Nel 2018 è cominciato il restauro, che prevede il consolidamento strutturale ed antisismico, la creazione di sale per eventi, la realizzazione di un punto ristoro e accoglienza, l’unificazione dei vari lotti in un unico grande parco. L’obiettivo non è solo quello di recuperare il valore storico e monumentale del sito, ma anche di costituire un nuovo polo attrattivo per le persone interessate al turismo slow.
Del parco che circondava la residenza come si può immaginare il passare del tempo ha lasciato ben poco. Per lunghi anni a ricordare gli antichi fasti restavano giusto i pavoni, che scorrazzavano tra i filari di vite e gli alberi da frutto. Una porzione di questa grande area verde recentemente è stata oggetto di una progettazione mirata, realizzata dagli studenti iscritti al corso di giardiniere per giardini d’arte e parchi storici promosso dal Centro di Formazione Professionale Fondazione San Giuseppe CFP Cesta.