Villa Masieri
Viale Cavour 112, Ferrara
All’inizio del Novecento viale Cavour era la strada più moderna di Ferrara: collegava la nuova stazione ferroviaria al centro storico e offriva una serie di servizi innovativi.
Oltre al Bagno Pubblico, che sorgeva dove ora si trova il Palazzo della Camera di Commercio, vi si incontravano caffè e luoghi di ristoro come la birreria Margherita, collocata dove ora si trova il Villino Ascanelli. La birreria era una struttura ad un piano, con una bella terrazza balaustrata, circondata dall’orto. Vi aveva sede il Maghi Club, circolo di divertimento per i lavoratori della mensa, i titolari e i camerieri. Quando il proprietario venne a mancare fu la vedova, Teresa Masieri, a trasformare lo spazio: demolì la birreria e costruì il villino. A progettare l’edificio fu l’urbanista Ciro Contini, raffinato rappresentante della borghesia israelita, aperta alla cultura europea. Al suo talento si deve anche l’ingresso monumentale del Cimitero Ebraico, così come il piano regolatore che ridisegnò completamente l’area che va da corso Isonzo alla stazione, chiamata appunto Addizione Contini. La residenza che l’ingegnere realizzò in viale Cavour, ispirata allo stile liberty che all’epoca andava per la maggiore, appare elegante eppure sobria, con decorazioni floreali sui capitelli, intervalli in ferro e in piastrelle gres, che arricchiscono le ringhiere e gli infissi.
La casa fu venduta nel 1930 alla famiglia Quilici, composta da Nello, giornalista originario di Livorno, e da Emma Buzzacchi detta Mimì, artista e grafica, di Mirandola. Lui si era trasferito a Ferrara già da qualche anno, su invito del ministro fascista Italo Balbo. Aveva alle spalle una consistente carriera nella carta stampata: era stato inviato di numerose testate, a Bologna aveva lavorato come direttore della Patria e del Resto del Carlino, a Roma era stato nominato caporedattore del neonato Corriere Italiano, fortemente voluto dal dittatore Benito Mussolini. Quell’esperienza durò poco: il giornale venne chiuso perché il suo direttore, Filippo Filippelli, fu condotto in tribunale per esser stato coinvolto nell’omicidio del deputato Giacomo Matteotti. Anche Nello venne parzialmente toccato dallo scandalo: fu accusato e assolto. Fu proprio in quel breve periodo nella capitale che l’intellettuale ebbe occasione di conoscere più da vicino il ferrarese Italo Balbo, che già aveva incontrato durante l’assedio di Bologna. Tra i due nacque una solida amicizia, che portò nel 1925 il giornalista a trasferirsi nel capoluogo estense, prima come caporedattore e pochi mesi dopo come direttore del quotidiano voluto dallo stesso ras ferrarese: Il Corriere Padano. L’incontro e il matrimonio con Mimì avvennero poco dopo. La pittrice lavorò in quegli anni a stretto contatto col marito. Illustrò le copertine di varie testate ma la si ricorda soprattutto per il carattere all’avanguardia, dai colori accesi e contrastanti, che seppe imprimere alla Rivista di Ferrara, fondata proprio da Nello nel 1933, emanazione del gruppo dirigente fascista ferrarese.
I coniugi, nel villino di viale Cavour, animarono un vero e proprio cenacolo culturale. Mimì, già incoraggiata nella sua carriera creativa dal pittore Filippo De Pisis, dipingeva e riceveva visitatori illustri, tra cui Arrigo Minerbi e Achille Funi, che proprio qui realizzò i cartoni preparatori del grande affresco che si può ammirare all’interno della Residenza Municipale, Il mito di Ferrara, che occupa per intero le pareti della Sala dell’Arengo. Insieme a loro vivevano i due figli: Vieri e Folco. Il primo diventò architetto e negli anni Settanta segnò decisamente lo sviluppo cittadino, realizzando complessi di edilizia popolare a carattere socialista come il condominio Il Quartiere, in zona Foro Boario. Il secondo – scomparso da poco, nel 2018 – fu un riconosciuto scrittore e documentarista, noto soprattutto per la serie di filmati intitolata L’Italia vista dal cielo. La residenza della famiglia Quilici a Ferrara terminò durante la Seconda Guerra Mondiale. Nello fu chiamato in Libia da Balbo, ufficialmente per tenere un diario del conflitto, fattivamente per aiutarlo come segretario personale. Qui morì tragicamente durante un’azione di volo: l’aereo che trasportava entrambi fu colpito a Tobruch nel 1940 da fuoco amico. Tante sono le leggende che circondano questo fatto, in buona parte alimentate dalle dichiarazioni della vedova del gerarca, che non esitò ad attribuire la responsabilità della caduta a Mussolini. Per provare a chiarire i fatti decenni dopo si spese sull’argomento anche il figlio di Nello, Folco Quilici, nel documentario L’ultimo volo. Nell’immediato, a causa del lutto, Mimì e i figli si rifugiarono in Val Brembana e poi a Roma. Villa Masieri – danneggiata dai bombardamenti alleati, che colpirono violentemente questa porzione di città – fu poi venduta.