Terrazza Museo Archeologico al Teatro Romano
Scalone Castel San Pietro, Verona

Il Museo Archeologico al Teatro Romano di Verona, come buona parte dei giardini e delle aree verdi di Veronetta, si appoggia alla collina e si distribuisce su più livelli.
L’ingresso e l’accoglienza stanno al piano terra, dentro Palazzo Fontana. I gradoni della cavea del Teatro Romano si pongono a cerniera, mediano la salita da un piano all’altro. Le collezioni sono conservate in alto, all’interno dell’edificio che – prima di affollarsi di bronzini votivi, busti e mosaici – ospitava nel silenzio e nell’austerità delle spoglie celle monacali. Il Museo è stato fondato negli anni Venti, ma la struttura è evidentemente molto più antica: venne realizzata nel Quattrocento come Convento dei Gesuati. La congregazione, fondata nel 1367 da Giovanni Colombini da Siena, derivava il suo nome dalle frequenti invocazioni a Gesù, e tuttora il monogramma religioso si può vedere nei tondi collocati sopra le porte. I monaci si dedicavano alla cura dei malati… e dei sani: creavano e distribuivano gratuitamente medicinali, ma si occupavano anche della produzione di profumi e di liquori per la vendita, utilizzando piante e fiori che coltivavano negli spazi verdi.


L’attività era facilitata dalle abbondanti acque che scendevano dal colle di San Pietro, in cima al quale era allestita anche una fontana pubblica, la Botte da cui prende il nome il vicolo di accesso alle terrazze. Una volta era proprio qui che si coltivavano la frutta e la verdura che serviva alla mensa della comunità, le piante aromatiche e le officinali da cui si ricavavano pomate ed elisir. Oggi la terrazza è un museo a cielo aperto, prosegue nel verde, circondata e sovrastata dai cipressi, la ricca esposizione di reperti architettonici, epigrafi e monumenti funerari di epoca romana. Oltre a offrire ai visitatori un panorama mozzafiato e una prospettiva inedita sul sottostante Teatro Romano.
Per accedervi, nel classico percorso di visita, si passa attraverso la bella Chiesa di San Gerolamo e dal vecchio chiostro, classicamente quadripartito, circondato da un sereno camminamento porticato. Probabilmente anche questo spazio una volta era coltivato, o forse era come appare oggi: un prato semplice, adornato di pochi fiori in vaso, perfetto per meditare. Di sicuro non era costellato di steli e cippi funerari, anche se a loro modo anche questi elementi possono favorire il pensiero profondo, che si allontana dalla mondanità.
Tra le testimonianze che vale la pena notare: il cippo di Erote, rappresentato pensieroso e appoggiato a una fiaccola rovesciata, la stele che riporta nel timpano l’immagine della Medusa, la stele realizzata per Cassius Optatus dai suoi famigliari, che vollero immortalare il loro caro inserendo il suo busto scolpito in una nicchia, la stele che raffigura il defunto soldato, la cista cilindrica con l’immagine del coniglio afferrato da un felino.