Succulento
A inizio Novecento dietro ogni casa, in questa via, si coltivavano gli orti.
Poi tra la Prima e la Seconda Guerra mondiale sono stati unificati i palazzi e anche le aree retrostanti. Chi aveva l’accesso da un portone grande ha trasformato l’orto in parcheggio, chi aveva una porta piccola ha mantenuto il verde.
A raccontare questa storia è la coppia che cura il curioso giardino al civico 66, che scava metaforicamente (ma non solo!) nei ricordi del quartiere, per far emergere dall’oblio nomi antichi, come quello dello scalpellino Pancera.
L’artigiano abitava proprio qui: li ha realizzati lui i vasi in pietra, le panchine. Ai suoi tempi c’era un’aiuola centrale, con le rose, che è andata distrutta. Le aiuole laterali invece sono state preservate.
Quando i coniugi si sono trasferiti, 35 anni fa, l’area era molto diversa da come si presenta ora. Il cortile era vuoto, c’erano solo i cipressi in fondo, gli allori, un pino e un vasetto con dentro una pianta di iris germanica, che venne piantata a terra, nell’aiuola laterale. Da quell’unica piantina si è propagata una distesa: «la scorsa primavera abbiamo contato trecento steli, considerando che ogni stelo solitamente porta tre fiori abbiamo avuto fioriti contemporaneamente circa un migliaio di iris blu».
Lo stesso processo, più o meno, ha prodotto la stupefacente collezione di cactus che oggi lascia a bocca aperta amici e ospiti: tutto è cominciato con un singolo cactus, portato in regalo da Palermo. Gli esemplari piccoli e grandi che sbucano da vasi e vasetti sono tutti figli, nipoti e bisnipoti di quel primo coraggioso migrante. A ottobre vengono pazientemente riparati nel bassocomodo, e a febbraio si riportano uno a uno fuori, a prendere il sole: sono circa 380.
Ad arricchire questa prolifica famiglia sono arrivate, col passare del tempo, altre specie: succulente, arbusti, alberi. C’è la gigantesca agave ferox, l’agapanto, il kako, il glicine, la salvia, l’acero, le ortensie. Sono tutti doni, ricordi di affetti e momenti felici.