Rocca di San Giorgio
Via Conciliazione 3, San Giorgio Piacentino

La pianura padana è fonte di stupefazione infinita. Ci si infila nel classico paesino, dalla provinciale si svolta al semaforo, si gira attorno al campanile della chiesa, si supera una pasticceria o uno studio odontotecnico, tutto è apparentemente semplice e banale, tutto è come ci si aspetta che sia, tanto che lo sguardo fuori dal finestrino si perde, disattento.
Si vede senza vedere, perché ogni singolo elemento è noto anche se non lo si è mai incrociato prima: è noto a priori, e scontato. E poi all’improvviso BAM! Ci si trova di fronte alla Rocca, che si staglia nell’orizzonte piatto come un’apparizione, con i suoi merli e i suoi camini, le sue catene e i suoi mattoni, da cui evaporano secoli di umidità.
La struttura sembra risalire addirittura a prima dell’anno Mille: il corpo principale pare costituisse in origine una torre di guardia, edificata per custodire la vicina pieve. Fu il nobile Alessandro Anguissola, investito dal duca Ranuccio I Farnese come Conte di San Giorgio, a voler trasformare la fortificazione: nel 1604 realizzò attorno al nucleo militare l’attuale costruzione cubica. La dinastia degli Anguissola tuttavia si estinse dopo non molto, e nel 1636 sia la Rocca che il feudo passarono agli Scotti di Castelbosco. Furono loro a inserire gli stemmi che si vedono qua e là, e a dare alla residenza il suo aspetto attuale. Nel Settecento si definì il perimetro del parco, che venne chiuso con un muro e popolato di daini e cervi. Nell’Ottocento alla villa vennero inseriti gli abbaini, parte del vecchio ponte levatoio in legno venne ricostruito in pietra, gli interni vennero abbelliti con affreschi e carta dipinta da artisti francesi. Anche l’area verde in quell’occasione venne completamente ridisegnata, per conformarsi alla moda romantica e paesaggistica del giardino inglese.
Da allora il possedimento è rimasto alla famiglia, che col passare delle generazioni ha due volte mutato cognome, essendo la discendenza proseguita in via matrilineare. Durante la Seconda Guerra Mondiale le sale furono occupate dalle truppe tedesche in ritirata: fu una parentesi molto breve e per fortuna non vi furono troppi danni, fatta eccezione per i pavimenti, quasi tutti rovinati dalle scarpe chiodati. Passeggiando tra il parco e gli antichi ambienti di servizio – le scuderie e la limonaia – sembra che il tempo si sia fermato, e di quella brutale incursione non resta traccia. I cavalli non ci sono più, ma restano le eleganti mangiatoie in metallo, le colonnette, una vecchia stufa in ceramica, e gli agrumi che prendono il sole nei vasi, in attesa di essere trasportati fuori per la bella stagione.