Picasso Food Forest
Via Picasso, Parma

Avrebbe mai immaginato Pablo Picasso che oltre a musei e istituzioni culturali, sarebbe stata inaugurata a suo nome una foresta alimentare?
Questa originale area verde di 4.500 metri quadri in realtà prende il nome dalla strada che la costeggia, ma tanti e tali sono i colori che la caratterizzano, dal verde degli aceri, all’arancio squillante dell’olivello, al giallo del corniolo, che l’intitolazione al celebre pittore spagnolo sicuramente non sembra fuori luogo. Il progetto è stato avviato nel 2012 da un gruppo informale di residenti ed è uno dei primi esempi italiani di foresta alimentare urbana, improntata ai principi della sostenibilità e dell’agroecologia. Al suo interno crescono oltre 300 tipi di piante ma l’impianto è stato ideato affinché si possa mantenere facilmente, con pochissimi input da parte dell’uomo, senza bisogno di fertilizzanti o di antiparassitari. La biodiversità della popolazione animale – insetti soprattutto ma non solo, basti pensare che recentemente qui sono stati censiti oltre 50 uccelli diversi – fa sì che prede e predatori siano bilanciati. Le essenze azotofissatrici, come le leguminose, nutrono il terreno in modo naturale. C’è evidentemente un approfondito studio alla base di questo ambiente, ma più che sulla teoria la Picasso Food Forest cresce grazie alla sperimentazione quotidiana.



Camminando si incontrano le postazioni didattiche che spiegano in modo semplice i processi avviati, dall’albergo per i bombi e le api terricole alla catasta dei tronchi morti, fondamentale sia per la riproduzione dei funghi che per l’insediamento di alcuni coleotteri diventati purtroppo molto rari. Dalle casette per i pipistrelli alla compostiera dei lombrichi, dove i vicini – dotati di apposita chiave – possono depositare i rifiuti umidi di origine vegetale. I sentieri sono tracciati dai passi dei visitatori, l’erba attorno resta alta e selvatica: «non è una questione di pigrizia, viene lasciata crescere per favorire la varietà ecologica» spiega Francesca, da sempre tra i promotori dell’iniziativa. «Culturalmente associamo l’erba alta alle aiuole abbandonate e quindi ai rifiuti, quindi la interpretiamo in modo negativo. Dovremmo imparare a rivalutarla: in realtà non è brutta, ed è molto utile».


Tra gli alberi e gli arbusti da cui chiunque può attingere per una buona merenda, si possono trovare il ribes, l’uva spina, il melo pero, il ciliegio, il noce, il pruno, il nocciolo. Non manca il curioso biricoccolo, ovvero un ibrido tra susino e albicocco, i cui frutti si racconta fossero tra i preferiti della duchessa Maria Luigia. Tra gli ultimi progetti realizzati: il giardino delle farfalle, ovviamente composto dalle piante preferite dai bruchi. Tra le novità: il piccolo laghetto, dove sono state collocate 35 specie diverse di piante acquatiche. In un solo anno, da quando è stata realizzata la zona umida, sono state censite 32 specie di animali mai viste prima nell’area.