Ricostruire le vicende del Palazzo Vescovile non è affatto semplice. Il complesso, sorto attorno all’anno Mille, si sviluppava in origine in tre settori, tutti pesantemente rimaneggiati col passare dei secoli.

C’era una torre? Beh, ora la buttiamo giù. Abbiamo appena demolito e ricostruito un’ala intera? Sì ma non è bella come l’avremmo voluta, distruggiamo tutto e ricominciamo da capo. Una tela di Penelope, complicata durante la Seconda Guerra Mondiale dal bombardamento alleato, che ha reso necessario l’ennesimo rifacimento.

Cosa incontra oggi chi supera il pesante portone affacciato in piazza Duomo? Un grande cortile arioso. Sulla destra spicca la loggia rinascimentale voluta dal vescovo Giambattista Zeno, il cui stemma si ripete sopra i pennacchi delle volte. Il progetto di gusto lombardesco viene attribuito a Bernardino da Como, la realizzazione al muraro Giovanni Fugier e ai suoi figli. La vera da pozzo al centro dell’area è coeva alla loggia: entrambe risalgono alla fine del Quattrocento. Il portico parallelo, quello a destra dell’ingresso, è appena successivo: venne realizzato nel Cinquecento per volere del cardinale Niccolò Ridolfi, su disegno di Giambattista da Brescia.

Dal cortile ci si inoltra nel parco, significativamente esteso e variegato, ricco di siepi e pergolati, prati e zone più ombrose e boschive. Gli alberi che crescono qui si possono dividere in tre categorie: alberi di rappresentanza, alberi destinati alla tavola e alberi simbolici. I primi sono esemplari esotici, come i cedri dell’Himalaya e dell’Atlante, gli aceri e le magnolie giapponesi, il ginkgo, l’ailanto.

Una volta queste specie erano rare in Italia, e quindi preziose: servivano a palesare lo status, l’agiatezza. I secondi servivano ad arricchire e rendere più sofisticata la mensa: anche la frutta a fine pasto veniva considerata un lusso, e tanto più si potevano offrire ai commensali sapori e forme originali, quanto più si veniva percepiti come agiati e raffinati. Per un alto prelato servire i kiwi e i kaki non aveva il significato che può avere oggi: non rappresentava un umile legame con la terra e la tradizione agricola dei contadini, ma un prestigioso segno di distinzione.

Gli alberi a carattere simbolico sono quelli che si ricollegano all’iconografia cristiana: l’ulivo, la palma, il fico, il melograno, la vite. Incarnano messaggi e valori: la pace, la resurrezione, il popolo di Dio, la passione di Cristo, l’eucaristia.

Ci sono ovviamente anche fusti, arbusti e piante in vaso non ascrivibili a categorie: il giardino è talmente grande e la sua storia talmente lunga che inevitabilmente, come nell’architettura, mani e intenzioni diverse finiscono in sovrapposizione. E i filari di tuje si mescolano ai gerani, i glicini alle lagerstroemie, i tigli agli agrifogli, la yucca alle ortensie.

Iscriviti alla newsletter di Interno Verde
Iscriviti alla Newsletter di Interno Verde