Palazzo Scotti di Sarmato

Via San Siro 17, Piacenza

Palazzo Scotti di Sarmato custodisce uno dei più affascinanti giardini della città, nonché uno tra i più conosciuti. Basta fare due passi sullo stradone Farnese per ammirare i suoi alberi secolari, la geometria delle aiuole, le macchie colorate delle fioriture: il maestoso cancello in ferro battuto non cela nulla allo sguardo, anche se entrare in quest’area dall’ingresso principale, quindi attraversando il magnificente palazzo affacciato su via San Siro, regala senza dubbio una prospettiva più emozionante.

L’edificio venne costruito dai nobili Scotti, che giustificavano il loro nome con presunte origini scozzesi. Sarà stato vero? Difficile. Certo è che la casata si arricchì molto nel Duecento, impegnandosi nei commerci e nell’attività bancaria, e all’inizio del Quattrocento ottenne dall’imperatore Sigismondo il permesso di aggiungere Douglas al proprio appellativo. Anticamente abitava in via Castello, ed era talmente potente da aver trasmesso il proprio nome a tutto il quartiere. Risiedeva nel bel palazzo rinascimentale noto in seguito come sede del Distretto Militare, ma decise di trasferirsi in una zona più centrale a seguito di un’eredità. Alla morte di Francesco Scipioni Cigala, nel 1671, ricevette un immobile vicino alla chiesa di Sant’Agostino, che volle ristrutturare e ampliare, acquistando e integrando alcune case vicine. Si costituì così uno dei palazzi più significativi di Piacenza, famoso – oltre che per la sua bellezza – per aver ospitato numerosi ospiti illustri, da Napoleone a Pio VII. L’intervento fu particolarmente laborioso, tuttavia non si sa esattamente chi l’abbia progettato. Il capomastro Giuseppe Marioni, aiutato dal collaboratore Gaetano Buzini, terminò la decorazione nel 1751, del disegno però non restano testimonianze. Gli studiosi lo avvicinano – per soluzioni compositive, simili a quelle di Palazzo Anguissola – all’architetto romagnolo Cosimo Morelli, che sicuramente all’epoca era già in città e altrettanto sicuramente ebbe occasione di entrare in contatto con la famiglia Scotti, dato che preparò una bozza per un altro loro immobile, in via Taverna. Bisogna comunque considerare che, a prescindere dall’architetto che effettivamente ideò la fabbrica, le maestranze devono aver goduto di una notevole autonomia. I dettagli costruttivi e ornamentali infatti sono coerenti col nuovo gusto Luigi XVI, che all’epoca localmente andava per la maggiore.

 Vale la pena notare, entrando nel porticato, lo stemma del pellicano posto sopra al cancello, che lacera la propria stessa carne per alimentare i suoi piccoli, e le testine in terracotta inserite sopra le porte, attribuite allo scultore fiammingo Jan Geernaert. Il giardino si apre in fondo al cortile. Di impianto Settecentesco, venne ripensato in tempi più recenti – prima della Seconda Guerra Mondiale – dal “vicino di casa” Giulio Ulisse Arata, che abitava qualche civico più in là. Gli alberi più imponenti – ovvero il bagolaro, tutelato come albero monumentale, il platano e la magnolia – risalgono alla fine del Ottocento. Il bagolaro anni fa sembrava necessitare l’abbattimento, era stato fortemente colpito da fungo che tuttora si può osservare, guardando le chiazze nere che si infilano tra i suoi piedi. Sono state organizzate diverse prove di trazione, per simulare un vento molto forte e valutare così la stabilità della pianta. Si è visto che in realtà l’apparato radicale riusciva comunque a sostenere la chioma e nel novembre 2020 si è provveduto a creare il sistema di ganci che tuttora permette all’esemplare di restare in piedi in sicurezza.

Il grande noce americano che cresceva vicino al muro di cinta invece ha dovuto essere drasticamente potato: il tronco morto si mantiene lo stesso al suo posto, perché costituisce un importante presidio di biodiversità. Elencare tutte le essenze di cui si compone questa straordinaria oasi verde sarebbe impossibile, sono troppe, tra siepi di bosso, peonie, oleandri, roseti e aiuole di acanto. Vale però la pena citare alcune delle meno comuni, come la quercia sempreverde che cresce sulla destra, vicino all’albero di Giuda, la parrotia persica e un’ortensia molto particolare, chiamata hydrangea sargentiana. Nota di colore? La vasca in pietra, ora utilizzata come fioriera, sembra provenire dal convento di Sant’Agostino, e sembra sia stata usata per il bagno di Napoleone.

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