Palazzo Paveri Fontana

Via Poggiali 24, Piacenza

Palazzo Paveri Fontana prende il nome da una famiglia piacentina tra le più antiche. Fu l’Imperatore Enrico II, nel 1004, ad investirla, quindi a sancire il suo diritto su vari territori vicini al Po, nel distretto di Petrosa. La casata poi si distinse in vari rami, governò tanti altri territori e numerosi furono i personaggi illustri a cui diede i natali: podestà di Piacenza ma anche di Milano, di Pavia e di Bologna, capitani, vescovi e governatori.

L’edificio fu costruito nel Seicento, e tradizione vuole che per affrescare la facciata fosse intervenuto niente meno che il Bibiena. Viene ricordato per aver ospitato importanti ricevimenti e feste, come quella celebrata nel 1712 in onore di Federico Augusto, principe elettore di Sassonia, e quella del 1715 per Carlo Alberto, elettore di Baviera. Nello stesso salone d’onore si tennero molte adunanze della colonia araldica trebbiense, a cui erano solite partecipare le maggiori autorità cittadine. All’inizio dell’Ottocento l’immobile venne comprato dai conti Rocca, e per eredità pervenne poi ai Ricci Oddi, ed è interessante notare come la storia della residenza sia più vicina che mai alla storia della celebre galleria. Senza la prima non ci sarebbe stata la seconda, perché l’amore per l’arte di Giuseppe Ricci Oddi nacque proprio da esigenze abitative.

Alla fine dell’Ottocento l’immobile apparteneva a sua madre, Carolina Ceresa, che accordò al figlio un intero piano, affinché ne facesse il suo appartamento privato. Il giovane, che nel 1897 non aveva ancora trent’anni, volle arredare a proprio gusto gli spazi e chiese consiglio ad un amico scultore, Oreste Labò, che lo indusse ai primi acquisti: Pecore Tosate di Francesco Filippini e Dopo Novara di Gaetano Previati. L’obiettivo era trovare qualcosa di bello per non lasciare vuote le pareti. Da quella pragmatica necessità, in modo del tutto fortuito e imprevisto, iniziò la straordinaria avventura del collezionista. Il celebre Ritratto di signora di Gustav Klimt, acquistato nel 1925 per 30mila lire, fu inizialmente appeso qui, nella sala del biliardo, insieme a tante altre sculture e quadri. All’epoca sarebbe stato impossibile immaginare che valore avrebbe acquistato, e di quali eccezionali peripezie sarebbe stato protagonista. Il giardino è abitato da tanti alberi, il più anziano e delicato è senza dubbio il cedro del Libano, tutelato dalla Soprintendenza. Insieme a lui crescono i tigli, il nespolo, la magnolia, gli allori e un bel roseto, cresciuto spontaneamente. 

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