Palazzo Marfei
Via Montebello 49, Ferrara

Palazzo Maffei è molto antico: i primi documenti lo segnalano già nel 1497. Nella mappa di Ferrara realizzata nel 1597 dal Borgatti è assegnato alla famiglia Zerbinati, con un cortile che si estendeva fino a via Frescobaldi, chiamata all’epoca via delle Pettegole.
Nei disegni dell’Aleotti i proprietari restano gli stessi ma l’area si ingrandisce e oltrepassa l’isolato, mentre nelle successive incisioni del Bolzoni si osserva come lo scoperto fosse diviso in due parti: l’abitazione guardava verso il giardino, diviso dall’orto grazie a un muretto. Vicino alle verdure e agli alberi da frutta stavano i locali di servizio: la rimessa, le stalle, due pollai, un porcile, la cantina e la casa del magazziniere.
In seguito la superficie si ridusse sensibilmente: passò da cinque staie a tre, ed è curioso ricordare come una staia — l’unità di misura usata all’epoca per stabilire le estensioni — corrispondesse allo spazio di terreno che si poteva seminare svuotando lo staio, ovvero il recipiente cilindrico utilizzato per conservare il grano. Il nome che tuttora si attribuisce alla costruzione risale al XIX secolo, quando venne acquistata dal professore Giacomo Maffei, protagonista ferrarese della rivoluzione liberale, contro l’autorità pontificia, che nello stesso periodo si diffondeva a livello europeo in ambiente universitario. Maffei nel 1831 insieme al collega Giacomo Bononi guidò le compagnie degli studenti e dei professori affinché appoggiassero il governo provvisorio, ma all’epoca l’arcivescovo era responsabile dell’intero ateneo — questo comportava ad esempio l’esclusione degli ebrei dalle lezioni — e le loro azioni furono represse dalla polizia.Un altro insigne studioso abitò poi in via Montebello 49: il marchese Tommaso Estense Calcagnini, presidente dal 1842 dell’Accademia degli Ariostei, cenacolo di medici e chirurghi che periodicamente si incontravano la sera per aggiornarsi reciprocamente sui progressi della scienza. Oggi il palazzo conserva intatto il suo fascino anche se purtroppo l’area verde circostante è stata significativamente ridimensionata, mangiata nel Secondo Dopoguerra dalla tendenza alla costruzione di condomini e soluzioni abitative capaci di soddisfare le necessità di molte famiglie.