Palazzo di Bagno
Via Principe Amedeo 30, Mantova
Il palazzo dove oggi ha sede la Provincia di Mantova ha una storia molto antica. Fu costruito nel 1537 per i marchesi conti Guidi Di Bagno, famiglia nobile di origine longobarda, che ha cresciuto vari rami a partire dalla Contea di Bagno di Romagna.
La dimora inizialmente era più piccola e modesta: ha assunto la dimensione attuale, compresa in uno spazio di circa 3mila metri quadrati, grazie a progressive acquisizioni delle case confinanti. L’aspetto attuale si deve in parte alla ristrutturazione barocca, in parte all’architetto Giovanni Cherubini, chiamato a intervenire su sale e saloni nel 1857. Nel 1905 Leopoldo, l’ultimo erede della famiglia, convinse la novella sposa – la celebre Contessa Giovanna D’Arco, all’epoca venticinquenne – ad abbandonare la Villa delle Bertone, dove risiedeva, per raggiungerlo e vivere insieme in via Principe Amedeo. La residenza in città però fu breve: già nel 1912 la coppia decise di trasferirsi a Porto Mantovano, nella Villa Guidi di Bagno.
Nel 1919 il complesso iniziò a disgregarsi con l’acquisto di alcune sue porzioni da parte della Provincia, che tuttora occupa la maggior parte dell’edificio, insieme alla Prefettura. Come fosse stato disegnato inizialmente il giardino si può solo immaginare. L’insediamento degli uffici pubblici ha infatti ridotto l’estensione del verde e introdotto elementi moderni che a tratti cozzano con l’atmosfera di svagato relax suggerita dai vecchi arredi, vestigia di un passato non tanto lontano nel tempo quanto lontano nello spirito: la vasca circolare della fontana, le colonnette e le sedute in pietra sparse tra le piante, la serra in vetro vicino al grande glicine.
La piacevolezza del tempo speso all’aria aperta – in un luogo protetto ma capace, attraverso la vegetazione, di evocare paesaggi più avventurosi e selvaggi – si legge soprattutto nel gioco della grotta, che si può attraversare e subito evoca alla memoria i pomeriggi dell’infanzia, la felicità di quando si trovava l’anfratto perfetto per vincere a nascondino. La voliera in metallo è disabitata da decenni ma nel frattempo, senza frequentatori abituali, il luogo si è ripopolato autonomamente, e non è raro tra le fronde poter salutare un picchio. Nell’immediato dopoguerra a terra venivano allevate le galline, tanto che restano agli atti pubbliche lamentele da parte della Provincia, nei confronti dell’uso improprio che ne faceva la Prefettura. Sicuramente alcuni dei grandi alberi presenti – come il tasso, il bagolaro e la magnolia – hanno osservato dall’alto questi e tanti altri cambiamenti. Più recenti sono i cespugli di ortensie e le rose, gli allori e le piante di fico. Il giardino per lungo tempo è stato appannaggio esclusivo della residenza del Prefetto, che vi accedeva tramite una moderna scala in metallo. Recentemente la Provincia ha ripreso possesso del bene e ha provveduto a una prima pulizia dello spazio. Il sogno, per il quale si sta già lavorando, sarebbe quello di eliminare la rete che separa l’area dall’ingresso su via Principe Amedeo in modo che il giardino torni ad essere un luogo curato e accogliente, a disposizione della comunità.