Palazzo dei Diamanti
Via Dosso Dossi 8, Ferrara
Palazzo dei Diamanti, con la sua inconfondibile facciata in bugnato, è sicuramente tra gli edifici più iconici e famosi di Ferrara. Fu costruito alla fine del Quattrocento per Sigismondo I, capitano delle armate ducali, fratello e talvolta sostituto del duca Ercole I, che gli affidava la gestione della città durante le sue assenze.
A progettarlo fu Biagio Rossetti, che lo inserì nel più ampio disegno dell’addizione rinascimentale attribuendogli una posizione e un significato eccezionale. Il palazzo infatti venne situato al centro del nuovo sviluppo urbanistico per costituire – insieme a Palazzo Turchi di Bagno, Palazzo Prosperi Sacrati e Palazzo Bevilacqua – il cosiddetto Quadrivio degli Angeli, incrocio che accorda la bellezza, l’eleganza e l’originalità delle quattro lussuose architetture. La residenza fu abitata dai vari componenti della famiglia estense fino alla metà dei Seicento, quando – essendosi gli eredi trasferiti a Modena, per ordine del Papa – fu ceduta al marchese Guido I Villa. Iniziò a svolgere una funziona pubblica a partire dal 1842, quando l’amministrazione comunale volle acquistare la proprietà e adibirla in parte a pinacoteca, in parte ad ateneo civico. Tutt’oggi gli ambienti interni afferiscono a istituzioni diverse: il piano nobile, dove è conservata la pinacoteca, è gestito dal Ministero; il piano terra, utilizzato per le mostre temporanee, è gestito dal Comune.
Il giardino per lunghi anni ha avuto un ruolo marginale all’interno del complesso. Qualcuno si ricorderà la suggestiva installazione realizzata nel 2013 per accompagnare la monografica dedicata al regista Michelangelo Antonioni: per l’occasione nel prato era stata evocata la celebre partita a tennis dei mimi, scena clou di Blow Up. Altri magari avranno memoria del cinema all’aperto, talvolta allestito nella bella stagione. A restituire attenzione e cura all’area verde è stato l’importante restauro completato nella primavera 2023, che ha collegato e posto in dialogo ambienti interni ed ambienti esterni. Progettato da Studio Labics, l’intervento ha trasformato in modo consistente la fruizione dello spazio: le due ali dell’edificio sono state collegate tramite una leggera struttura vetrata e finalmente si è riqualificato il parco, che oggi può essere visitato e vissuto. Fondamentale lo studio delle fonti, che ha permesso di identificare la struttura del brolo che in origine accompagnava la residenza. Esso appare in varie stampe, a partire dal noto alzato settecentesco del Bolzoni. Senza intaccare le alberature esistenti, disposte all’inglese, il progetto ha recuperato idealmente l’antica partizione geometrica. Ha quindi integrato due nature opposte, l’irregolarità delle essenze e la regolarità del sentiero, e introdotto due elementi nuovi: la quinconce di lecci, prescrizione agricola consigliata già nei trattati romani per garantire una coltivazione razionale, tramite il posizionamento di filari sfalsati, e la fontana circolare, semplice specchio d’acqua che riflette il cielo.
Tra gli alberi vale la pena notare il grande pioppo canescente, detto anche pioppo grigio, di fatto un ibrido tra il pioppo bianco e il pioppo tremulo. Ha già spento 150 candeline, ed è riconosciuto come esemplare monumentale sia per l’età che per le dimensioni: è alto 24 metri, la circonferenza del tronco supera i 400 centimetri. Nel prato qua e là si scorgono vecchie lapidi e alcune sculture diroccate, le gote gonfie di Eolo, un uomo sdraiato e seminudo. Non si sa da dove arrivano e da quando sono qui, aspettano di essere studiate.