Palazzo Dalla Rosa Prati
Strada Duomo 7, Parma
Varcare la porta dell’elegante Palazzo Dalla Rosa Prati significa immergersi nel passato nobiliare di Parma. Non solo perché l’edificio ha origini antichissime, ed è documentato già nel Duecento tra le proprietà della famiglia Adami – famiglia alla quale apparteneva fra’ Salimbene de Adam, tra i più significativi cronisti dell’epoca. Anche e soprattutto perché a questo palazzo furono legati personaggi che ebbero un ruolo di primo piano nel determinare il corso della storia cittadina.
L’immobile passò nel Quattrocento alla famiglia Prati, casata di toga. Nel suo albero genealogico si incontra Bartolomeo, dottore collegiato, ricordato alla sua morte con un monumento collocato all’interno del Duomo, e Antonio Maria, notaio ma non solo, scrittore e poeta, attivo nel Seicento, quando la famiglia venne insignita del titolo di marchesi di Collecchio.
L’attuale doppia intitolazione del palazzo risale al 1694, ovvero al matrimonio tra Marianna e Pier Luigi Dalla Rosa, giureconsulto, inviato da Francesco Farnese in Olanda alla Dieta di Ryswick, per chiedere all’imperatore Leopoldo I di ridurre la pressione fiscale: «se fosse morto il Duca non ci sarebbero stati soldi per seppellirlo!». Anche il diplomatico proveniva da una più che ragguardevole dinastia. Tra i suoi avi si ricorda Scipione, legato straordinario della comunità di Parma a cui si deve la venuta in città del celebre pittore Correggio, oltre che la costruzione della tribuna sopra l’altare maggiore nella chiesa della Steccata. Tra i suoi discendenti invece si possono menzionare Filippo e Guido Dalla Rosa Prati. Il primo, vissuto a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, ebbe come padrino il duca Filippo di Borbone e fu podestà della città, capo delle Belle Arti, presidente dell’Università, ciambellano e consigliere intimo della duchessa. Il secondo, nell’Ottocento, fu docente e uomo politico: oltre ad essere stato sindaco e deputato al Parlamento, si impegnò come docente di matematica e fu il primo a scoprire le virtù terapeutiche dell’acqua di Salsomaggiore.
Tra gli inquilini più recenti si ricorda l’artista Remo Gaibazzi, che abitava insieme alla famiglia all’ultimo piano fino a non troppi anni fa, e che tanti ricordano ancora per le lunghe soste contemplative, sul gradino del vicino battistero. Il palazzo – appartenente al circuito delle Dimore Storiche – oggi si presenta nel suo raffinato aspetto settecentesco, come testimoniano nell’ampio cortile le balconate in ferro battuto e il gioco degli archi. Un saluto al maestoso glicine che si arrampica di piano in piano è un vero e proprio must nel mese di aprile, quando la pianta più che centenaria fiorisce spandendo il proprio profumo fino alla vicina piazza Duomo.