Palazzo Chiassi

Via Giovanni Chiassi 67, Mantova

Forse non tutti sanno che via Chiassi deve il suo nome al colonnello Giovanni, precocissimo patriota garibaldino, combattente infaticabile, morto a soli 49 anni nella battaglia di Bezzecca, nel disperato tentativo di difendere l’abitato trentino di Locca dagli austriaci.

Gli Arrivabene, di origine greca, arrivarono a Mantova nel 1222 da Brescia, quando Arrigo trattò con successo la pace tra le due città e decise di trasferirsi qui. I suoi discendenti, Giovanni e Giovanpietro, comprarono due secoli dopo un piccolo appezzamento nell’allora contrada Montenero, cinto da mura, con una casetta, una corte e un orto, e chiesero all’architetto fiorentino Luca Fancelli – a cui i Gonzaga avevano già affidato la Domus Nova – di progettare un palazzo che rendesse giustizia al loro status, lo stesso che tutt’oggi porta il loro nome.

I lavori si conclusero nel 1481 ma nei secoli successivi la famiglia acquistò anche i terreni e le abitazioni vicine, fino ad ottenere l’intero isolato. Al centro del complesso – il cui fulcro era ovviamente rappresentato dal palazzo – non poteva mancare un giardino, ed è così che nasce il tranquillo angolo verde, ombroso e riparato, a cui si accede oggi da via Fratelli Bandiera. L’estensione non è la stessa di allora, è anzi molto ridotta, innanzitutto perché si riferisce a un’abitazione annessa e non alla residenza principale, in seconda battuta perché col passare degli anni le proprietà sono andate nuovamente a frazionarsi e complicarsi. La presenza della loggia interna disegnata dal Fancelli però si legge tuttora ed è verosimile credere che l’architetto – in stretto contatto con Leon Battista Alberti – si sia ispirato proprio alle indicazioni del De re aedificatoria per disegnare questo spazio: «non potranno mancare giardini allietati da splendide piante, e nei giardini un porticato, da cui si può godere sia sole che ombra.

Vi sarà uno spiazzo piacevolissimo, ove, da diverse direzioni, sgorgheranno inaspettatamente corsi d’acqua. I sentieri saranno determinati dalla posizione delle piante, che saranno a fogliame sempreverde. In un lato protetto si pianterà una siepe di bosso. In luogo soleggiato alcuni collocano il mirto, perché – dicono – gli giova il calore estivo. Né potranno mancare cipressi rivestiti di edera». Delle vecchie serre, situate al posto dei garage, resta solo il ricordo. Gli attuali proprietari comprarono questo spazio nel 1990, quando il giardino all’italiana andava inselvatichendosi a causa dell’abbandono. Vollero preservare il grande tasso centrale, più che centenario e vincolato in quanto albero storico, ma decisero di organizzare l’area in modo diverso, affinché fosse più comoda e adatta ai giochi dei bambini: «abbiamo voluto che il giardino fosse il più naturale possibile, senza artefatti, uno spazio da vivere più che da contemplare, zanzare permettendo». Tra le piante più giovani si incontrano il glicine, il ligustro, le rose e le ortensie. Tra le essenze stagionali spiccano per colore e bellezza le caroline impatiens, originarie delle Nuova Guinea, conosciute anche come fiori di vetro.

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