Palazzo Castiglioni

Piazza Sordello 12, Mantova

Palazzo Castiglioni, costruito in epoca medievale e sormontato dai caratteristici merli ghibellini, è famoso per essere una delle residenze nobiliari più antiche della città. 

Secondo l’opinione comune fu costruito e abitato dai Bonacolsi, ovvero dalla famiglia che per prima dominò e guidò la città, spodestata nel 1328 da Luigi Corradini di Gonzaga. In quell’anno il capitano del popolo Rinaldo, detto il Passerino, fu assassinato e il suo corpo venne trasportato nella residenza dei nuovi leader, oggi conosciuta come Palazzo Ducale, dove restò per molto tempo imbalsamato, considerato alla stregua di un portafortuna, esposto a cavallo di un ippopotamo impagliato all’interno del museo naturalistico. Fu una delle ultime duchesse, Susanna Enrichetta di Lorena,  a volersi liberare di questo ingombrante soprammobile, e a buttare con precoce spirito ecologico la salma mummificata a decomporsi nelle acque del lago. Leggenda vuole che proprio questo gesto attirò sui Gonzaga la malasorte, segnando l’inizio del declino della dinastia.

I documenti raccontano una storia, per lo meno catastale, abbastanza diversa. Non si trovano tracce della committenza Bonacolsi del palazzo, e anzi si trovano molte indicazioni riferite alla famiglia rivale: la struttura appartenne infatti sicuramente al marchese Gianfrancesco I e ai suoi eredi fino al 1582, quando passò agli Amorotti Andreasi. Dal 1804 il complesso appartiene alla famiglia dei conti Castiglioni, la stessa che diede i natali al celebre Baldassare, umanista e diplomatico rinascimentale, noto soprattutto per aver scritto Il Cortigiano, oltre che per aver invitato a Mantova il poliedrico genio di Giulio Romano.

La presenza del giardino è attestata per la prima volta in un inventario del 1496: circondato da un muro, vi si accedeva passando attraverso una corte interna abbellita da un pozzo di pietra. Un secolo più tardi un’ulteriore testimonianza aggiunge qualche elemento e lascia intendere che il giardino fosse organizzato secondo la tradizionale scansione rinascimentale, suddiviso centralmente da un percorso. Nel 1820 si hanno ulteriori indizi: oltre alla corte di ingresso se ne descrive un’altra più ampia, con un porticato a tre arcate, tenuta per metà libera e per metà a giardino, con muretti a dividere le diverse funzioni, tra cui non mancano l’orto e l’area deputata a raccogliere il letame dalle vicine scuderie.

Di questa superficie estesa e variegata per funzioni e sembianze oggi non resta molto: nel dopoguerra è stata in parte edificata, in parte destinata al parcheggio. Il giardino attuale corrisponde all’originale corte interna, dove ancora resiste l’antico pozzo, ricoperto dal gelsomino. Il verde non è scomparso, si è ridotto e spostato verso l’ingresso. Ciò che incontra oggi il visitatore è un bel prato percorso da vialetti di ghiaia, abbelliti dai limoni e dagli osmanti coltivati in vaso. L’ombra è garantita dall’alto ippocastano, vicino al calicanto e agli aceri giapponesi. Sul muro di cinta si arrampicano il glicine, le rose, l’edera e la vite americana.

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