Palazzo Calcagnini
Via Montebello 33, Ferrara
Palazzo Calcagnini, dagli anni Novanta sede di Confindustria Ferrara, vanta una storia lunga e appassionante.
Le prime notizie risalgono al 1573 e riguardano i debiti di Giulio Trotti, che abitava nella stessa via e cedette il terreno vicino alla propria abitazione al suo creditore, Giacomo Grana, siniscalco del cardinale Luigi Este. Grana costruì l’edificio, completato nel 1574. Una costruzione imponente, dalla facciata rustica, decorata col bugnato. Sempre i debiti sono al centro di un’importante residenza, quella del pittore Filippo De Pisis, che si trasferì qui assieme alla famiglia quando il padre, il conte Ermanno Tibertelli, fu costretto a vendere la vecchia casa di via Mortara e trovò ospitalità dall’amico Conte Giovanni Grosoli Pironi, personaggio di spicco del mondo cattolico ferrarese, che nel frattempo aveva acquisito la proprietà del civico 33. Qui De Pisis iniziò a dipingere e ad esporre, allestendo delle originali camere-museo prima nella soffitta, poi nelle scuderie, e infine nell’appartamento situato nel mezzanino, accessibile attraverso le scalette in fondo al giardino a destra. In queste stanze riceveva amici, pittori, giornalisti e poeti. Tra i vicini di casa che non mancarono di passarlo a trovare anche i fratelli Giorgio de Chirico e Alberto Savinio.
Pare che De Pisis cambiasse spesso abiti e travestimenti in relazione al lavoro che doveva compiere – pittore, scultore, scrittore o secondo l’umore della giornata – e che tra tutti gli abiti il suo preferito fosse quello da poeta, che indossava la sera per recitare in giardino Le ricordanze di Giacomo Leopardi, «con scrosci di pianto e con abbandoni sconsolati d’amore».
Palazzo Calcagnini ospitò soprattutto la sua anima letteraria, essendo l’interesse per la pittura coltivato soprattutto dal 1920 in poi, con il trasferimento prima a Roma e poi a Parigi. Durante il Ventennio il palazzo venne acquistato dal senatore Emilio Arlotti, vicinissimo a Italo Balbo, fucilato nel 1943 come antifascista. Si dice che Arlotti abbia ospitato qui, nel giugno del 1943, i più alti gerarchi fascisti per concordare tempi e modi dell’allontanamento di Mussolini. Tra tutti questi personaggi, chi maggiormente lasciò la propria impronta in giardino fu il conte Grosoli, sostenitore del gusto antiquario diffuso a Ferrara fino agli anni Quaranta, che prevedeva di completare le ristrutturazioni con interventi in stile. A lui, tra il 1926 e il 1927, si deve il tamponamento del loggiato e la ricostruzione della loggetta di gusto rinascimentale, il breve coronamento a merli che ricorda l’architettura medievale e la vera da pozzo, realizzata assemblando due antiche formelle di pietra.