Palazzo Barbetta

Via Cavour 13, Mantova

Se in vicolo Albergo non ci sono alberghi, come mai si chiama così? In verità l’albergo c’era, ed era il più lussuoso dell’intera città, ma per scoprirlo bisogna entrare all’interno del maestoso palazzo rosso pompeiano affacciato su via Cavour.

Venne costruito nel 1784 dal marchese Carlo di Canossa, che già possedeva l’imponente dimora seicentesca affacciata sulla piazza adiacente, che tuttora ricorda la sua illustre casata. All’epoca la vicina piazza Virgiliana non esisteva ancora. Al posto del parco pubblico si trovava quello che la Guida pel forestiere, compilata da Francesco Antoldi, descriveva come un «fracido paludoso luogo». Cominciava però già a profilarsi il processo che avrebbe nel giro di pochi decenni ridisegnato il volto dell’antico quartiere popolare – oggi si parlerebbe di gentrificazione. L’occasione per avviare il rinnovamento fu la grande Fiera annuale voluta da Maria Teresa d’Austria, istituita nel 1779, alla quale partecipavano i Granduchi Austriaci e numerosi visitatori di rango. Un po’ come nella Milano dell’Expo si sfruttò l’evento internazionale per migliorare l’accoglienza turistica, qui si edificò l’Albergo Reale, che costò al marchese Canossa ben 12.900 lire mantovane.

L’imprenditore scelse per avviare il cantiere un’area vicina ai suoi possedimenti, inserendo il cantiere su un lato della propria abitazione, ed è per questo che tuttora nel vicolo il bugnato della residenza seicentesca si confonde con quello dell’albergo, completato integrando l’edificio della Zecca austriaca, appena dismessa. Pressappoco dove i due stabili si uniscono, in corrispondenza della quattordicesima finestra, si trova ancora – mimetizzata nella muratura – lo sportello in legno che serviva ad immettere ghiaccio e neve nella vastissima ghiacciaia.

Le necessità della struttura erano evidentemente importanti, così il lotto venne ampliato acquistando anche i rustici vicini. In questo modo si ottenne un ingresso indipendente per le carrozze e un grande spazio dedicato alle scuderie, che determinò un’altra curiosità toponomastica, ovvero la nascita di vicolo Fieno. A progettare il complesso si impegnò l’allora ventenne Giambattista Marconi, che sistemò al piano terra gli ambienti di rappresentanza, al primo piano le camere, disposte attorno al grande giardino quadrato, dotato sulla destra di un forno e provvisto di una capiente ghiacciaia. Il balcone che circonda le stanze, sul quale tuttora si aggroviglia l’anziano glicine, serviva alla servitù per muoversi agilmente tra i vari ambienti senza essere vista nei corridoi. Lʼinaugurazione avvenne il 6 maggio 1785 con un lauto banchetto ma il clima di fiducia nelle “magnifiche sorti e progressive” non durò molto: la Fiera venne dismessa dopo pochi anni e l’attività ricettiva fu sospesa nel 1821. Bonifacio Canossa, nipote di Carlo, cedette il palazzo al governo che vi stabilì la Pretura e il Tribunale. Ulteriori passaggi proprietari e frammentazioni trasformarono il complesso nell’attuale condominio, conosciuto come Palazzo Barbetta, dal nome di una delle famiglie che vi si stabilì nel mezzo della complicata vicenda catastale delle acquisizioni. L’ombroso giardino non ha perso la propria austera eleganza, né la fascinosa atmosfera da Grand Tour.

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