Officina dell’arte Settepolesini
Via Comunale 87, Ferrara (Settepolesini)

La chiesa di Settepolesini, dedicata alla Natività della Vergine, è tra le più antiche della provincia.
Se ne ha notizia a partire dal 1143, per alcuni privilegi concessi alla diocesi da una bolla di papa Celestino II. La struttura è stata restaurata più volte, fino ad assumere l’aspetto neoclassico comune a tanti templi di pianura, quasi anonimo nella sua tipicità, non ci si fa troppo caso. Resta interessante il campanile, autentica torre di stile gotico lombardo, che svetta in mezzo alla pianura e alle sparute abitazioni. La canonica passandoci davanti non cattura lo sguardo: è un edificio semplice, novecentesco, senza carattere, decisamente dimenticabile. Eppure basta varcare la sua soglia per restare a bocca aperta. Da qualche anno infatti – grazie alla disponibilità di Don Giorgio – nella vecchia abitazione del prete hanno trovato accoglienza gli atelier di tre artisti: Stefano Tassi e Carlotta Mantovani al piano terra, Daniele Cestari al primo piano. Qui ognuno ha il suo studio, le altre stanze sono in comune.
Attraversare questi ambienti richiede una buona concentrazione, oppure del tempo per potersi perdere: l’attenzione si sposta continuamente, richiamata ora dal grande lampadario retrò, ora dai dipinti e dalle opere accatastate, appese ed esposte ovunque. Lo sguardo si appunta sull’acquasantiera kitsch, poi svolazza sulla maschera in cuoio da commedia dell’arte, poi approda ai pesci rossi della tenda da doccia, poi ancora viene catturato dal mobilio retrò e sui nostalgici scaffali dell’archivio parrocchiale. Le librerie sono ingombre: accolgono la biblioteca personale dello storico Daniele Biancardi, appassionato studioso ed esperto conoscitore del territorio, e svariate collezioni di riviste di architettura, degli anni Settanta e Ottanta, come Ottagono: appartenevano a Don Carlo, che viveva qui anni fa.


Stefano Tassi è legato da molto tempo a questo luogo insolito: da bambino è cresciuto in questo stesso edificio, era il figlio del panettiere del paese, e ricorda i giochi sulla terrazza del primo piano, così come le intense partite di calcio disputate sul sagrato. Racconta che la strada che collega l’abitato alla Diamantina è ricca di reperti, che in questa zona nell’antichità si trovava un insediamento romano, e che quando era piccolo lui e i suoi amici utilizzavano una stele, collocata vicino alla chiesa, come palo della porta dove segnare. La stessa stele oggi si può vedere al Museo Archeologico di Stellata.
Nella vecchia canonica tutto si mescola: realtà e finzione, immagine e immaginazione, testimonianza e ispirazione, fotografia e trasfigurazione pittorica, scherzo.
Non mancano le leggende, e nemmeno i fantasmi. Pare che talvolta il cavallino a dondolo collocato sopra all’armadio cambi orientamento, prima guardava verso l’entrata, poi improvvisamente si trova capovolto, guarda verso il fondo della stanza. Anche un dado appoggiato sulla libreria può capitare che si trovi girato da un lato diverso, e un vecchio orologio di plastica, fermo da tempo immemore, si scopre con le lancette spostate.