Il grande edificio conosciuto oggi come MEIS, acronimo del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, ha una storia tutto sommato recente eppure particolarmente dolorosa.
Fu costruito nei primi anni del Novecento e, a partire dal 1912, svolse la funzione di carcere cittadino. Durante il ventennio furono reclusi qui numerosi antifascisti e, sebbene nel luglio del 1943 la caduta del regime fece liberare 88 detenuti politici, già a settembre le celle tornarono a riempirsi. Con l’occupazione tedesca e la nascita della Repubblica di Salò nuovamente furono reclusi gli antifascisti, insieme ai resistenti e agli ebrei. Dalla maestra socialista Alda Costa, a Eugenio Ravenna, nipote dell’ex podestà ebreo Renzo, allo scrittore Giorgio Bassani e Matilde Bassani, entrambi membri del Partito d’Azione.
La struttura ha perso la sua funzione nel 1992, e per anni è rimasta vuota e silente. L’imponente operazione di recupero che ha trasformato la casa circondariale nell’attuale museo è stata ideata nel 2003, e ancora non è conclusa. Il progetto infatti procede un passo alla volta. Nel 2011 è stata ripristinata la palazzina affacciata sulla strada, originariamente destinata agli uffici del penitenziario. Nel 2017 si è potuto aprire al pubblico anche parte dell’ampio stabile posteriore, dove una volta si trovavano le celle dei prigionieri: qui vengono allestite le esposizioni temporanee – come l’attuale “Ebrei nel Novecento italiano” – e si può visitare la mostra permanente, intitolata “Ebrei, una storia italiana”.
Nello spazio tra i due edifici, sempre nel 2017, è stato inaugurato il Giardino delle Domande, non un vero e proprio giardino, ma un percorso didattico originale e interessante: un labirinto tematico dedicato alla kasherut, ovvero alle norme dell’alimentazione ebraica.
Il giardino è attualmente in fase di riallestimento e verrà presentato completamente rinnovato nel suo percorso e nel design, arricchito di contenuti e tipologie di piante, nella primavera 2025. Rimane accessibile nei mesi precedenti l’inaugurazione e offre un itinerario alla scoperta dalle piante bibliche: il rapporto con la terra, i suoi frutti e la sua vegetazione è infatti cruciale nel testo della Torah e spesso costituisce il principio cardine di festività ebraiche e rituali. Nel giardino del MEIS troverete alberi di ulivo, melagrano e cedro, la palma e il mirto. L’ulivo richiama il celebre episodio del Libro di Genesi dedicato al Diluvio universale: è, infatti, proprio grazie ad un rametto portato da una colomba che Noè capirà di aver scongiurato ogni pericolo e potrà scendere dall’arca con la sua famiglia. I frutti dell’albero di melagrano vengono consumati durante la cena rituale (seder) di Rosh haShanah, il Capodanno ebraico, con l’auspicio che nel nuovo anno i meriti di ognuno siano numerosi quanto i suoi chicchi. La palma e il mirto caratterizzano Sukkot, la festa delle capanne che ricorda la precaria vita degli ebrei nel deserto. Assieme al cedro, queste specie compongono il Lulav che durante la celebrazione viene utilizzato nelle preghiere: ognuna di esse ha diversi significati e custodisce storie da scoprire.