La bottega del cinema
Via Provinciale Salvatonica 88, Ferrara (Salvatonica)

Tra le casette basse di Salvatonica ce n’è una che decisamente chiama l’attenzione del passante, ciclista o automobilista che sia.
Anticipata da un gradevole giardino, elegante e curato, disseminato di erbe aromatiche e fioriture, si staglia bianchissima contro il cielo. L’impressione generale, così come un più acuto esame dei dettagli, collocano la costruzione nei primi decenni del Novecento. Il carattere allungato usato per l’insegna che sovrasta la porta d’ingresso conferma e ribadisce l’intuizione. Si legge, in bianco su fondo verde: “Bottega del cinema”. Ovvero? Si tratta di uno spazio ibrido, dove si intersecano epoche e funzioni. Una volta all’interno di questi ambienti si trovava il cinema del paese. Ogni frazione, anche la più piccola, aveva la sua “fabbrica dei sogni”: c’era a Ravalle, c’era a Casaglia, e c’era anche a Salvatonica. Qui fu attivo dal 1948 al 1978, con 150 posti in platea, nei sedili con le ribaltine di legno, e 80 posti in balconate, con le poltrone imbottite. La gestione passò di mano in mano: all’inizio era della famiglia Grandi, la stessa del cinema Orfeo di Bondeno, poi subentrò Arrigo Banzi, infine il padre dell’attuale proprietario, che acquistò la sala negli anni Sessanta.
Le proiezioni vennero interrotte alla fine degli anni Settanta, ma nel giro di qualche anno lo spazio tornò operativo, sebbene completamente trasformato, con una vocazione tutta nuova. Qualche anno dopo la chiusura del cinema infatti anche il forno del paese dovette abbassare le serrande, e la madre dell’attuale proprietario decise di coniugare la necessità, ovvero la richiesta alimentare degli abitanti, alla potenzialità, cioè lo spazio vacante rimasto di famiglia. Qui allestì un laboratorio di panificazione, che restò operativo fino al 2002, quando venne sostituito da una bottega di vicinato, con rivendita di pane, condotta fino al 2019.


Oggi “La bottega del cinema” comprende, mescola e propone in chiave inedita tutte queste diverse esperienze. All’ingresso si trova la collezione dei vecchi cimeli, con la cinepresa originale del 1937, una Prevost di Milano a carboncini elettrici, i vari macchinari utilizzati per riversare le pellicole e le locandine dei film. Anche la bella porta che conduceva alla platea è stata restaurata, e montata un poco più all’interno rispetto alla collocazione originaria. La sala centrale raccorda due servizi: è sia negozio di alimentari che ristorante dal sapore retrò, con poche proposte, piatti semplici ma decisamente gustosi e vicini al territorio. A disposizione degli ospiti c’è anche il giardino, con il tavolo in ferro battuto e il dondolo che rafforzano l’effetto nostalgia. Da notare il frassino e la palma che come sentinelle – a destra e a sinistra dell’ingresso – accolgono i visitatori, il bel pino e la catalpa. Tutto attorno crescono le rose, le tuie, le ortensie, i gerani, le agavi, i fichi d’india, la miseria, gli oleandri, le fotinie, gli allori, l’ulivo. Bella (e buona, perfetta per i cappellacci) la salvia, ottimo per la cucina anche il rosmarino prostrato.