Istituto Farina
Contrà San Domenico 25, Vicenza

Un giardino nuovo, per un cuore antico.
La presenza dell’Istituto delle Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori in città risale al 1836, quando san Giovanni Antonio Farina, allora giovane sacerdote vicentino, intraprese la sua opera educativa con la scuola per le bambine più povere e bisognose. Già nel 1833, insieme al suo collaboratore Felice De Maria, prese in affitto una casa e un vasto orto di proprietà del signor Giovanni Bonioli, situati in contrà San Domenico. Il luogo, protetto da alte mura secondo la consuetudine dei chiostri, offriva condizioni ideali di riservatezza e tranquillità, fondamentali per l’attività formativa che i due fondatori intendevano promuovere. Nel 1838, con l’aiuto di vari benefattori, la proprietà venne acquistata in via definitiva, diventando sede stabile e ufficiale dell’Istituto religioso delle Suore Dorotee, con l’obiettivo di dare continuità e struttura all’opera educativa già avviata. Fin da subito, l’area dell’attuale giardino venne considerata parte essenziale del progetto educativo. Come ricordano le Memorie storiche dell’Istituto, l’orto fu oggetto di una prima organizzazione paesaggistica ed educativa ad opera di Felice De Maria, che lo suddivise in quattro settori principali. Questi erano attraversati da viali che si intersecavano a croce, simbolo cristiano e guida visiva nello spazio. «I camminamenti erano ornati da una pergola ricca di viti, e le aiuole coltivate con fiori, erbe e ortaggi seguivano il ritmo delle stagioni. Al centro, un’aiuola circolare ospitava un cespuglio di rose sempre fiorenti, a forma di piramide greca, con al centro l’immagine della Vergine Maria, accompagnata dalla rappresentazione di tre fanciulle che le offrivano fiori». Un giardino che era dunque spazio di bellezza, spiritualità e lavoro educativo. Ogni settore era assegnato a un gruppo di allieve, e le pareti dell’orto recavano scritte morali e devozionali, a sottolineare l’intreccio tra la formazione religiosa e l’esperienza concreta della natura e del vivere comune. Nei primi decenni del Novecento, la crescita dell’Istituto rese necessaria l’espansione degli spazi scolastici e comunitari delle suore. In questo contesto, le religiose acquistarono nuove proprietà situate al di là della Stradella del Romano, una piccola via che collegava contrà San Domenico con contrà Fontanelle. Tuttavia, la separazione fisica tra le due aree costituiva un ostacolo alla piena integrazione funzionale dell’Istituto. Inizialmente si tentò di ovviare la difficoltà con la costruzione di un ponticello di collegamento, che tuttavia si rivelò insufficiente. Nel 1899 fu presentata al Comune una richiesta ufficiale per l’acquisizione della stradella. La domanda venne però ritirata a causa della forte opposizione di un centinaio di cittadini, residenti nella zona. La questione rimase irrisolta per alcuni decenni, fino a quando, nel 1929, si giunse a un accordo. In quell’anno, il Comune avviò i lavori per la realizzazione della nuova via IV Novembre, già contrà delle Fontanelle. Per consentire l’apertura della nuova arteria stradale, l’Istituto accettò di demolire l’avancorpo della propria Casa Negri, sede della scuola, e di realizzare una nuova facciata. In cambio, ricevette in proprietà la Stradella del Romano, permettendo così la piena unificazione delle due aree e la creazione di un complesso scolastico e religioso più articolato e funzionale. La cessione fu formalizzata con l’accettazione da parte della superiora di Casa Madre, Suor Cecilia (Maria Canale), e di Suor Concettina (Adele Canale). Questo evento rappresenta un momento importante per la configurazione definitiva del giardino, che da quel momento poté svilupparsi come un’unica area continua a servizio della comunità.
Nel corso degli anni, il giardino è stato oggetto di numerosi interventi che ne hanno arricchito la funzione e la simbologia. Oltre alla disposizione originaria curata da Felice De Maria, il santo fondatore Farina promosse la realizzazione di due chioschi ottagonali in ferro verniciato, di un tavolo centrale in pietra, di panchine in pietra lungo i lati perimetrali e di una statua mariana, collocata tra i due chioschi. Inizialmente lo spazio era destinato alle bambine allieve della scuola; successivamente divenne luogo di preghiera e di passeggio per le suore, ma anche spazio di servizio per la vita quotidiana della Casa Madre: qui si stendeva il bucato, si coltivavano fiori per l’altare, si vivevano momenti di riflessione comunitaria. Una fase significativa nella storia recente del giardino è avvenuta nel 2004, in concomitanza con la ristrutturazione dell’intero complesso della Casa Madre. L’intervento venne affidato all’architetto Paolo Portoghesi, figura di rilievo nel panorama dell’architettura contemporanea italiana. Portoghesi ideò un nuovo disegno paesaggistico in stile giardino all’italiana, ispirandosi a criteri di armonia, simmetria e sobrietà. Il giardino attualmente è strutturato con siepi di bosso che definiscono spazi ordinati e geometrici, ampi prati verdi, un’abside al centro per accogliere la statua della Madonna, e una elegante fontana in pietra, progettata e donata dallo stesso architetto. A integrazione del nuovo disegno: lungo il lato est, in prossimità del confine con il prato, sono state piantate canfore; lungo il muro ovest, che separa il giardino dalla scuola, sono state posizionate quattro lapidi commemorative, precedentemente conservate in un sottoportico. Tali lapidi rappresentano importanti testimonianze storiche delle visite ricevute dall’Istituto da parte di membri della casa imperiale d’Austria, benefattori dell’Istituto: Anna Carolina Pia, imperatrice d’Austria, nel 1838, 1841 e 1849; Elisabetta di Baviera, nota come Sissi, nel gennaio 1857; Carolina di Baviera e l’Arciduchessa Sofia, madre dell’Imperatore Francesco Giuseppe, nel marzo dello stesso anno. Le essenze rampicanti di falso gelsomino completano l’arredo vegetale, adornando con grazia le mura perimetrali e donando, durante la fioritura, un profumo delicato che accompagna il silenzio e la meditazione.
Oggi, il giardino della Casa Madre delle Suore Dorotee si presenta come uno spazio di memoria e spiritualità, ma anche come un bene storico ambientale di grande valore per la città di Vicenza. Esso racconta quasi due secoli di storia educativa, religiosa e sociale, rappresentando uno dei luoghi simbolici legati all’opera di san Giovanni Antonio Farina. Il giardino non è solo un elemento paesaggistico, ma una testimonianza viva del carisma fondativo dell’Istituto: accoglienza, formazione, attenzione alla persona nella sua totalità. Esso continua ancora oggi ad essere vissuto e custodito dalla comunità religiosa, con la stessa dedizione con cui fu pensato e realizzato nel XIX secolo.