Il giardino magico

Borgo del Correggio 15/A, Parma

Quante anime può avere un giardino? Certo ve ne sono di contemplativi e raccolti, perfetti per leggere e pensare in tranquillità, e di vanitosi, fatti per essere ammirati. Ve ne sono anche di allegri e creativi, giardini che rappresentano per tanti bambini e bambine un’opportunità per crescere, fare esperienze, intrecciare relazioni, come appunto il Giardino Magico.

L’area, che appartiene alla Scuola d’Infanzia Comunale, è diventata pubblica nel 1829. Tuttavia in questo luogo la vocazione all’educazione è molto più antica. In questa porzione di città la contessa Vittoria Cantelli, vedova di Gianbattista Baiardi, aveva istituito una congregazione di fanciulle, sotto la protezione di Maria presentata al tempio. Nel 1629, grazie all’appoggio del cardinale Odoardo Farnese, l’intraprendente nobildonna riuscì a creare un vero e proprio istituto di religiose. Ospitava giovani ragazze «da istruire in ogni virtù», conosciute come le Baiarde, nome che ricordava la casata guelfa della famiglia dei benefattori, originari della Val Baganza. Il complesso comprendeva l’intero isolato e col passare del tempo subì molte trasformazioni. Al posto dell’attuale giardino, nell’atlante Sardi si incontra un bel frutteto. 

Oggi i veri proprietari di questa piacevole area verde sono i bambini, che giocano a nascondino tra le siepi di lauroceraso, studiano il volo delle farfalle, appendono girandole ai rami dei larici. Il prato è disseminato di oggetti: alcuni sono le classiche strutture da parchetto, altri hanno forme – ma soprattutto hanno idee – un po’ diverse. Vicino al vialetto si trova per esempio il gioco dell’autobus, costruito con delle poltroncine recuperate. Oltre la quercia e l’acacia, c’è un’asse di equilibrio ricavata dal tronco di un albero abbattuto. Attorno al nespolo giapponese si trovano le aiuole per coltivare le aromatiche e qua e là si incontrano le vasche per le verdure. Tra le frasche del piccolo frutteto si intravedono ciondolare dei manufatti colorati: sono mangiatoie per gli uccellini, realizzate con materiali di riciclo.

Il pensiero sotteso a ciascuna di queste piccole e grandi opportunità di gioco merita di essere approfondito: è un pensiero rivolto alla necessità di favorire sin dalla primissima infanzia un atteggiamento responsabile nei confronti delle risorse del pianeta, ma non solo. È un pensiero che crede fortemente nella ricchezza educativa del vivere all’aria aperta, a contatto con le piante e gli insetti, sentendosi a proprio agio in un contesto non totalmente addomesticato, dove fatalmente può anche capitare di inciampare e di rialzarsi. In ambito pedagogico questa teoria – che comprende anche l’educazione graduale al pericolo – si chiama outdoor education. Alla sua base c’è un concetto semplice: la scuola dovrebbe offrire degli stimoli diversi da quelli proposti dal tradizionale parco giochi attrezzato, dovrebbe aprire verso orizzonti che altrove non si trovano. Per questo l’asilo sta gradualmente trasformando l’allestimento della propria area verde in uno spazio-gioco composto solo da materiali naturali o di riciclo, un luogo che inviti i bambini alla scoperta e alla cura dell’ambiente.

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