Giardino dell’Esedra
Viale Te 13, Mantova

Palazzo Te è l’opera più grande e importante realizzata da Giulio Romano a Mantova: fu costruito su un’isola alle porte della città per volere di Federico II Gonzaga, tra il 1525 e il 1535, e successivamente ampliato da Vincenzo I.
Circondava e si inseriva all’interno della costruzione un sistema di bellissimi giardini, per la cui realizzazione Federico II si spese in prima persona, scrivendo lettere ad Alfonso I d’Este, alla sorella Elisabetta, duchessa di Urbino, a Francesco Gonzaga, ambasciatore a Roma, e ad altri referenti delle corti italiane. Insisteva per farsi recapitare gli alberi da frutto più rari e golosi, come mandorli, castagni, meli, ciliegi, fichi.
Il giardino doveva meravigliare tutti i sensi, il gusto per primo, anche perché all’epoca il consumo di frutta era riservato alla classe più agiata. Per avere le viti della Brianza mandò a caricare a Milano quattro muli, altre viti si chiesero al signore di Mirandola. Il principe di Valditaro inviò cento piante di carciofo, limoni di Gaeta e i capperi prelevati direttamente dalla sua villa di Genova. Lo stesso Giulio Romano all’occorrenza diventava un corriere: in viaggio a Ferrara venne incaricato di riportare a casa le “brogne verdazze” e gli albicocchi che il giardiniere degli Este aveva preparato apposta. Si occupava della manutenzione delle essenze il giardiniere Ettore Da Fundi, ma non da solo: per gli incarichi più faticosi Federico II cercò al porto di Genova quattro schiavi africani. L’acqua per l’irrigazione si prelevava dalla Fossa Magistrale, non veniva dal pozzo quindi ma dal lago Paiolo, trasportata da un ramificato sistema di tubi di piombo, con numerose valvole e pompe di aspirazione.


Il controllo delle acque non fu mai facile. Bisognava difendersi dalle piene del Mincio, e si ricorda a questo proposito la valorosa azione di contenimento degli argini condotta dall’ingegnere Alessandro Beccaguto nell’ottobre del 1526, che a cavallo coordinava l’azione di 200 uomini, pronti a riparare le falle. Altri problemi idraulici, sicuramente di minor rilevanza, periodicamente interrompevano le varie fontane e le grotte con gli scherzi a spruzzo, tanto che dovendo assumere un addetto all’impianto ci si premurava di inserire nel contratto di servizio una clausola che lo obbligasse a utilizzare solo marchingegni nuovi e funzionanti.
Nel Seicento anche questi giardini, come quelli di Palazzo Ducale, vennero affidati a Zenobio Bocchi. Nel 1651, su progetto dell’architetto Nicolò Sebregondi, si avviò l’edificazione delle Fruttiere, per il ricovero degli agrumi durante l’inverno, e della scenografica esedra ad emiciclo che le collegava all’appartamento del giardino segreto. Nonostante questi importanti interventi, il declino era già cominciato: il primo duro attacco fu sferrato dai lanzichenecchi col sacco del 1630, il degrado si fece inarrestabile con le guerre e le occupazioni. Nel frattempo l’isola si integrava al centro urbano, tramite l’interramento del lago Paiolo e le numerose operazioni di bonifica che si sono susseguite fino agli anni Settanta del Novecento. Oggi l’area si configura come un grande parco pubblico, il palazzo dal 1990 è diventato sede museale ed espositiva. Nel giardino dell’esedra restano le antiche peschiere, vicino alle quali gli archeologi hanno trovato i ruderi delle fontane e delle nicchie incrostate.