Giardino della camelia
Borgo Colonne 4
Borgo Colonne è uno dei quartieri più antichi della città. Risale al 1300 e da quella volta è tra i pochissimi a non aver mai cambiato nome, e nemmeno configurazione. Nonostante ci siano stati in passato dei tentativi di chiudere il porticato e inglobare il passaggio nelle case, queste istanze non sono mai state accolte, e il colonnato è rimasto.
Nei palazzi della via abitavano soprattutto religiosi e nobili, ma bisogna immaginare che, protetti dalle volte, al calare della sera, qui potessero trovare rifugio persone meno prestigiose, mendicanti e prostitute. Le motivazioni del Conte Simonetta e dei fratelli Colonna, che per primi nel 1772 chiesero il tamponamento dei portici, erano chiare: volevano rendere più sicuro il passaggio dei pellegrini, prevenire furti e scandali. Oggi la situazione è molto diversa e nessuno mette in dubbio la sicurezza del borgo. La tranquillità resta tuttavia ancora lontana. La strada e il vicino parchetto, soprattutto nella bella stagione, diventano il ritrovo serale di tantissimi studenti, ed è affascinante immaginare, all’interno del palazzo al civico 4, il cortile splendere immobile sotto la luna, la palma stagliarsi solitaria al cielo, nel vociare attutito e confuso dei ragazzi e delle ragazze.
Della storia dell’edificio si hanno poche notizie. Nell’Atlante Sardi, di metà Settecento, si indica come proprietario un certo Nicola Renard. Sicuramente dai primi dell’Ottocento agli anni Venti l’immobile venne annesso al vicino palazzo Simonetta, poi di nuovo venne staccato e reso indipendente. Abitò qui per qualche tempo il parroco della vicina chiesa di Santa Caterina, don Vigenio Soncini, studioso di storia e letteratura. Subentrò poi un commerciante proveniente dagli Appennini, Gaetano Motti. A lui si deve la prima ristrutturazione significativa. In origine la costruzione si poteva ricondurre allo schema gotico dell’unità abitativa: poche finestre sul fronte strada, un cortile al centro, con in fondo l’orto e un basso comodo. Nel 1929 il capanno d’appoggio venne demolito e al suo posto si realizzò una residenza a due piani, affacciata su borgo Carissimi, con ingresso indipendente. A staccare completamente le due parti ci pensò poi il restauro degli anni Settanta, che divise a metà anche il giardino. Il porticato al piano terra per fortuna è rimasto integro, quello al primo piano è stato chiuso per essere trasformato in un corridoio interno.
La tentazione di dispiacersi per le trasformazioni subite esiste, l’idea che le cose una volta fossero più belle è comune e pervasiva. Ma è davvero sempre così? Ieri è sempre meglio di domani? Il cortile aveva un tempo una funzione pratica, serviva al passaggio delle carrozze e dei cavalli, era un luogo molto utilizzato e probabilmente poco osservato, poco amato. Oggi invece cura, attenzione e affetto riempiono il piccolo spazio, impossibile non sentirle o non vederle. Si esprimono nell’armoniosa disposizione delle piante, tra le azalee, la camelia bianca e rossa, la rosa Tiffany, l’aspidistra e le ortensie, il gelsomino rustico che incornicia la prospettiva. Nella scelta delle affascinanti vasche in pietra, nelle stampe appese alle pareti del corridoio. Esse provengono, così come i giocattoli d’epoca che si incontrano sui davanzali delle finestre, dalla collezione privata raccolta da uno degli attuali proprietari. Da notare l’esuberante palma che stranamente è cresciuta sana e alta in vaso, e il particolare bambù nero, in fondo al cortile. Si racconta che riesca a prosperare attingendo all’acqua del vecchio naviglio, che scorre sotterraneo, poco distante.