Frutta, bosso e verdura

Via Camposabbionario 8, Ferrara

Impossibile. Questo è il pensiero obbligato di chi si affaccia per la prima volta su questa area verde. Dalla strada nulla fa presagire la meraviglia che si potrà incontrare dopo aver superato l’ingresso e il piccolo salottino, ma bastano veramente pochi passi per tornare indietro nel tempo.

Il primo giardino – vicino all’abitazione – è un luogo incantato: disegnato all’italiana, con un vialetto definito dalle siepi di bosso, si circonda di grandi cespugli fioriti, biancospini, lillà delle indie, gelsomini che si arrampicano sui muri, alte palme che svettano verso il cielo. A terra un tappeto di viole colorato dai tulipani, dagli iris viola e azzurri. Sulla destra, sotto il tiglio centenario, il terreno si alza a custodire i resti del vecchio rifugio antiaereo, costruito per proteggersi durante la seconda Guerra Mondiale. A sinistra, coperto dal glicine, un antico berceau in ferro battuto, che chissà quante chiacchiere e quanti caffè ha ospitato.

Frastornato da tanta bellezza lo sguardo si ferma davanti alle fronde degli alberi, si perde tra le foglie, non riesce subito a intuire la sorpresa che l’attende, ma basta proseguire lungo il sentiero centrale e lanciare un’occhiata oltre le colonne di pietra che sembrano chiudere l’area per rendersi conto di quanto speciale è questo luogo. Dopo il giardino infatti si apre la campagna: niente a che vedere con gli sterminati appezzamenti della coltivazione su scala industriale, questa è la campagna intima e discreta descritta nei suoi romanzi da Giorgio Bassani, quando la piccola città di provincia conservava ancora stretto il suo legame con la terra e le famiglie provvedevano a sé stesse sfruttando i ritagli di verde interni al quartiere. A sinistra si trova il recinto per le galline e l’orto, dove crescono melanzane, sedano, pomodori, peperoni, cetrioli, radicchio e fragole. Al centro il vecchio pozzo artesiano, circondato da altre due vasche che servono a intiepidire l’acqua per irrigare. «Fino all’anno scorso usavo ancora il secchio, poi sono riuscita a comprare una pompa fatta apposta, più comoda. Me la son dovuta far spedire dalla Germania perché qua non la trovavo» racconta la signora Annamaria, che è nata in un letto di questa casa ed ha sempre abitato qui.

«Quand’ero bambina l’acqua del pozzo la si beveva tranquillamente, non so se sia ancora potabile ma è meglio non provare». Tutto attorno gli alberi da frutto: nespoli giapponesi, cachi, giuggioli, peschi, melograni, noccioli, susini, ulivi, ciliegi, fichi, e tantissime varietà di pruni. «Ci sono le prugne selvatiche, che sono dolcissime, ma anche le Regina Claudia e le Santa Rosa» spiega Annamaria. Non manca una piccola vigna, vicina ai cardi – «sono commestibili ma io non li mangio, fanno dei bellissimi fiori blu» -, e gli imprescindibili cespugli di aromatiche. Tra il rosmarino e l’aiuola di menta spunta anche una grande agave. I mattoni che si trovano impilati in fondo appartenevano all’antico muro di cinta, ceduto in parte a causa di un alloro particolarmente ingombrante, che spinto dal vento li ha fatti crollare.

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