Ex Locanda Rinascita

Via Concezione 4, Mantova

Il giardino di via Concezione 4 non è sempre stato un giardino. Anticamente si crede possa essere stato il chiostro di un convento, come suggeriscono gli archi della loggia, che proseguono tamponati lungo il muro di cinta.

E leggenda vuole che sotto l’erba corresse un passaggio segreto utilizzato dalle suore per scappare, ed evitare di essere molestate dai lanzichenecchi. L’abitazione – confrontando le varie mappe del quartiere – pare essere stata costruita nel Settecento, chiudendo il vicolo che collegava a via Porto. Il giardino potrebbe essere stato disegnato in quel periodo, almeno a giudicare dall’impianto rialzato e decisamente scenografico del balconcino che lo contiene e lo fa assomigliare a una quinta teatrale.

La struttura in pietra oggi è sommersa, quasi scompare dietro le foglie e i fiori dell’esplosiva bignonia, che bisogna attraversare per apprezzare le belle aiuole sinuose, parimenti colorate e floride, come tanti fuochi d’artificio. Alcune piante – come il calicanto e il vecchio glicine – erano già qui negli anni Cinquanta, quando la famiglia degli attuali proprietari comprò lo stabile, anche se nel dopoguerra l’area verde si presentava parecchio trasandata.

A sistemarla e abbellirla ci pensò l’energica signora Gina, che dopo aver gestito un magazzino di legno e carbone volle approfittare dei tanti ambienti a disposizione per cambiare lavoro e aprire una nuova attività, la Locanda della Rinascita, che ha gestito con passione fino all’età di 80 anni. Alloggiavano qui soprattutto impiegati della Edison, della Sip e di varie banche, ma tra gli anni Settanta e Ottanta si verificò un curioso via vai di cantanti lirici provenienti dai Paesi più lontani, dalla Cina al Giappone, allievi del maestro Campogalliani. I ragazzi si esercitavano in casa in una sala affacciata sul verde, dove si trovava il pianoforte. Bisogna immaginare alla sera il canto spandersi tra gli oleandri e le ortensie.

Alla nonna piacevano soprattutto i tulipani, che però non reggevano il cambiare delle stagioni, racconta Enrico, il nipote: andavano ogni volta ripiantati, per questo adesso ci sono tante rose, che restano sempreverdi. Il giardino era riservato ai familiari: gli ospiti non potevano accedervi, fatta eccezione per la tartaruga di un giovane lavoratore, che altrimenti avrebbe dovuto rimanere chiusa nella sua stanza. Fu la figlia Ada, nel 1990, a imporre alla signora Gina di riposare: «adesso basta!». Ada è affezionata a questo luogo quanto sua madre: lo ricorda soprattutto per i lunghi pomeriggi domenicali, passati all’ombra insieme alle amiche, a chiacchierare e discutere, giocando interminabili partite di Macchiavelli.

A maggio invece si dedicava una settimana al rosario: invece di pregare all’interno della vicina Chiesa di San Gervasio e Protasio il parroco e i fedeli si raccoglievano tra il nocciolo e il melograno, in mezzo alla lavanda e alle aromatiche, sistemando la statua della Madonna sopra l’arco. Vicino al glicine, nel punto più soleggiato, oggi crescono i limoni. Poco distante si trova il piccolo orto, con i pomodori e i caspi di insalata. Immancabile l’angolo delle aromatiche, con la salvia, il rosmarino e la menta. 

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