Convento di San Bernardino
Stradone Farnese 63, Piacenza
Cosa accomuna il vecchio convento dei cappuccini alla foresteria che oggi, negli stessi ambienti, ospita studenti e lavoratori?
La risposta – non banale – è la strada, il movimento, la necessità di spostarsi. Proviamo a raccontare come mai. I frati cappuccini si stabilirono a Piacenza alla fine del Cinquecento in una grande struttura precedentemente costruita per i francescani Amadei. Il complesso di stile tardo gotico era stato edificato nel 1470, quando lo stradone Farnese – dove oggi si affaccia – ancora non esisteva. Esso comprendeva il convento e la chiesa dedicata a Santa Rita da Cascia, che l’agiografia ricorda aver percorso a piedi l’Italia dopo la morte del marito e dei figli, e per questo la si riconosce come protettrice dei viandanti. I frati dunque ogni anno il 22 maggio, nel giorno dedicato alla Santa, interrompono il traffico dello stradone per benedire con l’acqua santa chi passa in macchina, in moto e in bicicletta.
Come tante altre comunità religiose, anche loro col passare del tempo si sono trovati nella situazione di abitare in poche persone spazi molto grandi, difficili da gestire. Per questo hanno voluto affidare parte dell’edificio alla cooperativa Aurora Domus, che qui accoglie 80 giovani studenti e lavoratori fuori sede. Come poteva chiamarsi questo nuovo luogo? Tracciando un curioso ponte tra Santa Rita e gli automobilisti dello stradone Farnese, non poteva che chiamarsi Casa del Viaggiatore. I vasti orti coltivati una volta dai religiosi sono stati trasformati in un parco dove i ragazzi e le ragazze possono rilassarsi, studiare e chiacchierare. Anche se una traccia dell’antica funzione alimentare rimane: superato il primo giardino, oltre al romantico corridoio formato dal doppio filare di cipressi, si apre il brolo, dove crescono i fichi, i ciliegi, gli albicocchi, i cachi, i pruni, i noccioli e i melograni.
Tra il brolo e il campo da calcio, un percorso di bosso conduce alla statua di San Francesco, in una simpatica commistione di sacro e profano che tanto ricorda i vecchi oratori delle parrocchie. Tra le aree verdi più affascinanti del complesso, insieme al parco, c’è il chiostro interno, restaurato negli anni Settanta. Il loggiato – chiuso con delle vetrate – abbraccia lo spazio verde, quadripartito come da tradizione. Al centro il pozzo, quindi l’acqua che simboleggia la vita, attorno gli ulivi.