Convento delle Suore Oblate
Via Gradaro 42, Mantova

La storia del convento del Gradaro è accidentata ma a lieto fine. Qui si edificò nel 1230 – per volontà di Clermonda e Clara, giovani nobili e devote – un piccolo oratorio, denominato Santa Maria del Camposanto, nome che pare ispirato alla sepoltura di San Leongino.
I primi religiosi a insediarsi furono i canonici e le suore di San Marco, comunità di fratelli e sorelle che poteva essere retta da un priore o da una prelata. Nel Quattrocento i primi problemi: la struttura si svuotò per mancanza di adesioni. Fu Barbara di Brandeburgo, sposa di Ludovico Gonzaga, a risolvere la situazione, ovvero a chiamare i monaci bianchi di Monte Oliveto, che permisero al priorato di essere promosso e diventare abbazia.
A metà del Seicento, dopo la guerra di successione, mentre tutti riparavano i propri edifici dai danni subiti, gli olivetani si impigrivano. Secondo l’abate don Taddeo Pepoli la responsabilità era dei monaci, i quali «ad ogni modo amano il proprio commodo, et il godere le poche sostanze, che restano, senza curarsi delle ruine che sovrastano al pubblico del suddetto loro monastero, come ha la religione sperimentato nel maneggio loro dal tempo della passata guerra in qua; che invece di ridurlo al pristino splendore, come hanno fatto gli altri regolari i loro monasteri in codesta città, l’hanno quasi distrutto».
L’abate invitò in città dei monaci veronesi, che si affiancarono ai presenti nel piano di risanamento, non solo strutturale. Nel 1775 il trasloco: i religiosi furono allontanati perché la struttura, secondo il piano governativo stabilito a Vienna, doveva essere convertita in arsenale, compresa la chiesa, che venne formalmente profanata. Solo nel 1905 si cominciò a riconsiderare il valore storico e architettonico di questo luogo: dal Demanio il complesso passò all’Amministrazione delle Antichità e delle Belle Arti, ma durò poco. Venne requisito dalle autorità militari a ridosso della Prima Guerra Mondiale e restituito solo alla fine della Seconda.


In seguito venne restaurata sia la chiesa che il convento, affidato alle Suore Oblate dei poveri di Maria Immacolata, provenienti da Volta Mantovana, dedite all’educazione dei bambini, alla formazione delle giovani, alla cura dei più deboli. L’edificio, già manomesso, fu ulteriormente trasformato per comprendere l’asilo, la scuola e la foresteria per le giovani donne che vivevano lontano dalla famiglia. La nuova parrocchia venne inaugurata nel 1966, dopo 191 anni di usi profani. Il vescovo Antonio Poma la dedicò all’Annunciazione della Beata Vergine e costituì una nuova parrocchia, per accompagnare la vita del quartiere che andava via via popolandosi. E oggi? Passi attutiti nei corridoi, sopra all’ingresso elefanti e cani da caccia affrescati in rosso, l’ombra sotto al porticato, i vasi di fiori. Le bifore romaniche, coronate in stile gotico veneziano, riaperte a guardare il pozzo centrale, i percorsi a raggiera nell’erba tagliata corta, il sorriso sereno delle sorelle.