Conservatorio Pedrollo
Il grande plus di questo giardino è la musica che si spande nell’aria. Un pianoforte, un sax, qualcuno che canta.
La cosa bella è non sapere esattamente da dove provenga, non vedere chi muove le dita sullo strumento o chi intona. Si vaporizza come per magia, è reale e presente eppure evanescente, fantastica.
Il giardino del Conservatorio – più o meno come tutti i grandi spazi verdi della città, raccolti all’interno di un edificio – ha una storia di fede e preghiere alle spalle. Nasceva infatti come cortile di un convento. Il monastero venne edificato nel 1264, ma di quell’immobile resta poco o niente: il fabbricato che oggi ospita le vibranti prove di aspiranti orchestrali e primi violini è stato realizzato alla fine del Quattrocento, insieme alla chiesa tardo-gotica dedicata a San Domenico. Un ulteriore intervento coinvolse il chiostro – all’epoca spazio riservato alle monache di clausura – alla fine del Cinquecento.
La trasformazione in spazio pubblico avvenne nell’Ottocento: il complesso passò al Comune che collocò qui sia l’orfanotrofio maschile che il Patronato Fanciulli, ovvero l’istituto che si impegnava per accogliere, durante il giorno, i ragazzi poveri che altrimenti avrebbero vagabondato per le strade. La missione della struttura divenne quella di ospitare e crescere in un ambiente protetto chi non aveva una famiglia, e spronare allo studio e alla virtù gli adolescenti senza mezzi, per allontanarli dal vizio e dai pericoli. Questa attività si concluse nel 1977, con il subentro del Conservatorio, la cui storia ha tuttavia radici più antiche.
La scuola di musica venne fondata nel 1867 ed era inizialmente dedicata al compositore Francesco Canneti. Si trasformò formalmente in Conservatorio nel 1969, da principio come succursale dell’omologo veneziano, successivamente come istituzione autonoma, dedicata al compositore Arrigo Pedrollo.
Il giardino, dove gli studenti si incontrano per chiacchierare e mangiare qualcosa tra una lezione e l’altra, è disegnato geometricamente: al centro svetta una maestosa magnolia, nei quadranti tutto attorno crescono i tigli. I sentieri in ghiaia, bordati di lonicera ligustrina e roselline bianche di San Giovanni, dividono le diverse aiuole.
Passeggiando sotto il loggiato si incontrano vestigia dei tempi che furono e manufatti contemporanei: la statua di San Domenico, riconoscibile per il cane che spunta da dietro la tunica; la targa dei benefattori dell’orfanotrofio; la riproduzione della testa di San Luigi Orione, noto per l’impegno profuso nell’accoglienza dei bambini senza famiglia; l’elegante bacheca in legno che segnala i prossimi concerti e la più spartana bacheca riservata ai papiri scherzosi dei diplomati.