Chiostro di Sant’Antonino

Chiasso Sant’Antonino 2 Piacenza

Quante cose si imparano esplorando la città? Cercando il giardino segreto della Chiesa di Sant’Antonino si impara, per esempio, che chiasso non significa solo confusione, ma anche stretta viuzza, breve e irregolare.

Poco o nulla frequentato, questo suggestivo passaggio anticipa silenziosamente le trasformazioni urbanistiche che hanno portato alla creazione del giardino. Nella muratura infatti è stata inglobata una colonna appartenente al chiostro rinascimentale che affiancava la basilica, chiostro la cui integrità è stata compromessa nel 1700 proprio per permettere l’apertura dello stradello.

Ricostruire la storia del complesso dedicato al patrono di Piacenza… è complesso. Costruito prima dell’anno Mille, col passare dei secoli è stato oggetto di accorpamenti e aggiunte. Le originali fattezze romaniche sono state parzialmente recuperate grazie al coraggioso restauro operato tra il 1915 e il 1930 da Giulio Ulisse Arata. Precedettero l’intervento anni di studi e di rilievi: l’architetto condusse analisi rigorose per scoprire l’essenza dell’edificio. Forte della credenza che «il restauro è anche, e soprattutto, un fatto critico», Arata volle eliminare gli elementi giustapposti, che definiva più gentilmente «ingessature ottoceschesche», e meno gentilmente «sovrapposizione degenerative di un falso barocco inutilmente pomposo». Rimosse il tamponamento degli archi affacciati verso il chiostro menomato, che era stato effettuato per inserire delle nuove cappelle laterali dentro alla chiesa, riuscendo così a ripristinare parzialmente il porticato. Sfruttò la presenza di alcune preesistenze per realizzare la nuova canonica, in mattoni a vista. Disegnò ex novo il giardino quadrato, con una vera da pozzo ottagonale al centro.

Fino agli anni Ottanta questo spazio fu sostanzialmente adibito ad uso privato: qui il parroco coltivava l’orto e lasciava razzolare le galline, poi venne chiuso perché degradato e ammalorato. Solo di recente è stato possibile riscoprirne la bellezza, grazie al recupero avviato nel 2011. Sono stati ripristinate le coperture a crociera delle volte e gli elementi che caratterizzavano il chiostro del 1483: i capitelli delle colonne, tutti diversi uno dall’altro, alcuni decorati con foglie di acanto, altri con foglie lanceolate, altri ancora con festoni, con lo stemma del martire Antonino oppure con il dado, emblema della città. Sono stati inoltre rinvenuti e valorizzati nuovi affreschi, e oggi sulle pareti del loggiato è possibile leggere lo scorrere del tempo osservando quattro interventi diversi, appartenenti a quattro epoche diverse. I motivi più antichi sono quelli quattrocenteschi, geometrici e simili a quelli che si possono ammirare nella cappella battesimale interna alla chiesa. Quelli cinquecenteschi spiccano invece per la grazia del motivo vegetale, impreziosito da uccelli e animali. Accanto alla porta che conduce alla basilica si trova il residuo di un dipinto a secco del Settecento. Risale invece alla prima metà del Novecento l’iscrizione votiva Ave Maria Gratia Plena, inserita nella cornice greca. Ad arricchire il caleidoscopio delle epoche, i marmi antichi e le lapidi sepolcrali murati nella struttura.

Anche nel verde si mescolano vecchie e nuove presenze, il nespolo giapponese è tra gli alberi più anziani, più giovani sono invece il melograno, l’ulivo e la palma, scelti non casualmente, ma per risonanza biblica. In vaso crescono le aspidistre e i limoni, vicino al muro, coperto di edera, prosperano le ortensie. Qua e là si incontrano le aromatiche, cespugli di rose e di piracanta.

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