Chiostro di San Giorgio
Il vecchio borgo di San Giorgio rappresenta molto più che uno scampolo di storia miracolosamente conservato.
Situato appena fuori dalle mura, è a questo pezzetto di terra incastonato tra il Po di Volano e il romantico Po di Primaro che si deve la nascita dell’intera Ferrara. Qui infatti tra il VII e il VIII secolo si costituì il primo insediamento abitato, rafforzato dalla presenza della sede vescovile che, precedentemente situata a Voghenza e devastata dalle invasioni barbariche, venne trasferita in mezzo alla biforcazione delle acque affinché fosse più protetta.
La Basilica di San Giorgio è dunque il luogo di culto più antico della città: le sue prime notizie risalgono al 668.
Col passare degli anni le attività e i commerci scavalcarono il corso del Po e sulla riva opposta, lungo via delle Volte, andò a svilupparsi la cosiddetta città lineare. Anche la sede vescovile, con le reliquie del santo protettore, nel 1135 venne spostata nel nuovo centro urbano e nella prima basilica, ridotta a parrocchia, restarono il corpo del martire Maurelio e un collegio di canonici guidati dal priore. Il degrado prodotto da questo cambiamento fu lungo e profondo, reso ancora più acuto dall’epidemia di peste diffusa nel 1383.
Fu grazie all’interesse di Marchese Niccolò III che il borgo ricominciò a sollevarsi. Egli infatti nel 1415 acquisì tutti i beni ecclesiastici e li affidò, fatiscenti e abbandonati, ai padri benedettini olivetani, che si impegnarono per recuperarli e costruirci vicino il loro monastero. Tracce delle vicende medievali sono tuttora visibili nel chiostro, anche se il miglioramento architettonico più significativo avvenne in epoca rinascimentale, quando per ricostruire il complesso fu chiamato Biagio Rossetti, incaricato anche di disegnare e innalzare il celebre campanile. Punto di riferimento imprescindibile per la città e per la vicina campagna – oltre che tomba illustre, dato che ai suoi piedi riposa il pittore Cosmè Tura.
É proprio nell’eleganza della torre campanaria che tuttora si riconosce il gusto rossettiano. La chiesa venne più volte rimaneggiata: diverse modifiche vennero apportate da Alberto Schiatti a seguito del terremoto del 1570, mentre la facciata fu ricostruita nel XVIII secolo da Andrea Ferreri, perché era stata bombardata nel 1710, durante la guerra tra prussiani e papalini. A colpirla furono le palle di cannone sparate dai papalini che facevano fuoco dai baluardi, mentre l’esercito prussiano aveva occupato per difendersi proprio il monastero.
Ad allontanare quasi definitivamente gli olivetani però furono le truppe francesi, che durante l’occupazione napoleonica convertirono la struttura in una caserma. I religiosi fecero ritorno “a casa” solo nel Secondo Dopoguerra, quando degli ambienti che avevano lasciato rimaneva ben poco. Oltre alla basilica un solo chiostro si è conservato: protetto da una bella loggia e decorato dalla vera da pozzo in marmo bianco e rosso. L’articolato susseguirsi di spazi coperti e scoperti, documentato dalle mappe antiche, si può intravedere osservando i muri che dividono i giardini vicini: angoli verdi pacifici e accoglienti, dove le famiglie si rilassano intrecciando il loro tempo libero al tempo della storia.