Centro Santa Maria ai Servi
Piazzale dei Servi 3, Parma
Dai servi ai mutilatini. Parma è disseminata di grandi e piccoli conventi, ciascuno dei quali è stato condotto attraverso i secoli da una o più comunità religiose, ha affrontato crisi economiche e politiche, ha superato le difficoltà e gli espropri voluti da Napoleone per affacciarsi alla contemporaneità e chiedersi: adesso chi sono?
Alcuni hanno confermato la vocazione monastica, altri hanno preferito assecondare il cambiamento e assumere un ruolo per la comunità. Questo per esempio è quello che è successo all’antico convento dei servi di Maria, che si insediarono in questo luogo nel 1305, occupando l’oratorio precedentemente appartenuto ai frati del sacco, soppressi dal concilio di Lione del 1274. Ai frati mendicanti si devono importanti trasformazioni: nel Cinquecento affidarono a Bernardino Zaccagni il progetto di ricostruire e ingrandire la chiesa, che vollero intitolare all’Ascensione. A metà Settecento chiamarono l’architetto Edelberto dalla Nave per riformulare l’intero complesso. Anche il loro ordine però venne soppresso, nel 1769, e l’immobile passò ai domenicani fino all’arrivo di Napoleone, che decise di adattare lo spazio ad ospedale militare. Fu in questo periodo di transizione che andò a definirsi la nuova funzione del convento, che venne affidato a don Carlo Gnocchi, che vi organizzò l’istituto dei “mutilatini”.
Egli fu cappellano militare degli alpini durante la Seconda Guerra Mondiale, nei Balcani e in Russia, e proprio a seguito della tragica esperienza vissuta al fronte decise di spendere il resto della sua vita per alleviare la miseria causata dal conflitto, accogliendo gli orfani e gli invalidi. Come i numerosi centri da lui fondati, anche quello di Parma è andato col passare del tempo a evolvere la propria missione: oggi negli spazi del convento medici e specialisti offrono percorsi di riabilitazione e terapie, e il vecchio chiostro è diventato un vero e proprio giardino, dove i pazienti e i loro familiari possono trascorrere del tempo in pace e tranquillità. L’area è percorsa da sentieri che disegnano geometrie di aiuole, la cui ricchezza ed esuberanza contrasta con la rigida scansione spaziale. Al centro si trova la vera da pozzo, sormontata dalla struttura in ferro battuto. Da qui si irradiano otto spicchi, ciascuno anticipato da un abbondante oleandro in vaso. Per leggere e chiacchierare si incontrano, tra uno spicchio e l’altro, le sedute rotonde ombreggiate dalla bignonia. Una statua circondata da alberi e cespugli ricorda la figura del fondatore, ritratto insieme ai bambini. Tra le essenze principali vale la pena ricordare l’albero di Giuda, l’ulivo, il nespolo giapponese, il giuggiolo, il melograno, il pruno, l’acero americano con le curiose foglie screziate, il glicine, le ortensie, le rose, l’osmanto, il filodendro, la sophora japonica, conosciuta anche come albero pagoda. Più in basso la ricca bordura di acanto e la spumeggiante cycas.