Casa Beata Osanna Andreasi
Via Frattini 9, Mantova
Il giardino di Casa Andreasi, per essere apprezzato fino in fondo, ha bisogno del silenzio. Si tratta infatti di uno spazio votato alla meditazione, alla preghiera e alla contemplazione.
La costruzione ha origini antiche ma l’aspetto attuale – eccezionalmente conservato, anche negli interni – risale a quando il nobile Niccolò Andreasi decise, prima del 1470, di trasferire qui la famiglia. Alla bella facciata di gusto fancelliano – caratterizzata dall’euritmia delle finestre contornate da cotti, come l’arco a tutto sesto che sormonta il portale – si coordinano le sale affrescate con motivi rinascimentali, grottesche, architetture trompe l’oeil e cartigli. In questa dimora crebbe e visse Osanna, secondogenita di Niccolò, che fin da adolescente espresse una profonda devozione e un’intensa spiritualità.
Ispirandosi a santa Caterina da Siena si oppose al genitore che voleva farla sposare e ottenne, a quindici anni, di vestire l’abito del terz’ordine domenicano, in cui entrò ufficialmente nel 1500. Durante la sua intera esistenza, sempre rispettando l’abitudine alla riservatezza e alla penitenza, partecipò attivamente alla vita di corte. Fu infatti amica e consigliera sia di Federico e Margherita Gonzaga, che di Francesco II e Isabella d’Este, che le furono vicini – qui dove abitava, nel giugno del 1505 – anche in punto di morte. Si dice che proprio grazie alla preghiere di Osanna, Francesco II uscisse illeso dalla battaglia di Fornovo. La stima nutrita nei suoi confronti da Isabella d’Este portò la marchesa a perorare la causa della beatificazione presso il papa Leone X Medici, che concesse il culto nel 1515, anche se la beatificazione vera e propria arrivò in seguito, nel 1694 con papa Innocenzo XII. Attualmente il suo corpo, incorrotto, è sepolto nel Duomo. L’edificio di via Frattini continuò ad appartenere agli Andreasi fino al 1780, quando passò per dote nuziale ai Magnaguti. Fu il conte Alessandro, ultimo discendente della casata, a donarlo ai domenicani affinché fosse perpetuato il ricordo della religiosa.
Oggi l’immobile è gestito dall’Associazione Monumenti Domenicani, che vi organizza iniziative culturali e di divulgazione spirituale. Il giardino è stato restaurato nel 2004 secondo il modello dell’hortus conclusus medievale. Prima dell’intervento l’area centrale era incolta e in fondo – oltre il porticato con le colonne in marmo rosa, che recano sui capitelli lo stemma degli Andreasi, e gli affreschi nei sottarchi, – si trovava l’orto. Oggi lo spazio quadrato si divide in quattro aiuole disegnate dal bosso, ciascuna con un melograno, albero della vita, che nel cristianesimo assume vari significati (dalla sofferenza del martire alla vocazione universale della Chiesa, che abbraccia il popolo sparso come il frutto contiene i tanti semi). Al centro resta la vera da pozzo originale. Tra le essenze si incontrano le rose antiche bianche e rosse, il ciliegio selvatico, i mughetti, la melissa, la pimpinella, la balsamina, la salvia, il timo, l’artemisia e la maggiorana.