Villa Delfini

Piazza XXI Giugno 28, Ferrara

Il primo documento che testimonia l’esistenza di Villa Delfini risale ai primi decenni dell’Ottocento. Si tratta di un lungo elenco di interventi e lavori, materiali e maestranze da impiegare. Non è dato sapere se riguardi la costruzione ex novo dell’edificio oppure la ristrutturazione di un casale più antico, da rinnovare e adattare alle esigenze della modernità.

Sicuramente qui soggiornarono per vari periodi i fratelli Antonio e Giuseppe Delfini. Antonio, avvocato, fu un patriota del Risorgimento italiano. Dopo la rivolta popolare che travolse Ferrara nel 1831, egli fu nominato tra i membri del governo provvisorio che doveva guidare la città e difenderla dagli austriaci. Insieme a Gaetano Recchi venne in seguito nominato rappresentante per Ferrara e Bologna nel Governo delle Province Unite, che comprendeva anche i territori di Ravenna, Forlì, Pesaro, Ancora e Perugia. Il fratello Giuseppe, notaio ed ex carbonaro, già condannato a morte dai tribunali austriaci e per questo imprigionato a Venezia e a Lubiana, divenne negli stessi anni responsabile dell’ufficio di polizia. Nella biblioteca della villa – dove Antonio morì, nel 1855 – si conservano numerosi documenti e scritti risalenti a quel travagliato periodo, che varrebbe la pena studiare e approfondire.

Oggi la casa – che in tempi più recenti ha ospitato anche lo studio del medico del paese – non ha più degli inquilini stabili, viene aperta solo occasionalmente. Nel parco che la circonda – insieme alla siepe di bosso, piantata nell’Ottocento – si incontrano le vecchie robinie, le querce e il melo cotogno. Da notare la gleditsia, conosciuta anche come spino di Giuda, e la sofora japonica, arrivata dal Kenya.

L’area verde, circondata dall’alloro e punteggiata di ibisco, ospita un piacevole frutteto domestico e un filare di noccioli. La palma è stata piantata dalla bisnonna, che nutriva una vera e propria passione per gli alberi tropicali, e li portava qui dalla propria casa bolognese, quando si trasferiva a Sabbioncello per trascorrere l’estate. «Chi pianta datteri, non mangia datteri», amava ripetere, alludendo alla crescita lenta delle piante, considerate come un regalo per le generazioni a venire. Dietro la villa, dove una volta si trovava l’aia, si staglia uno spettacolare lauro ceraso, cresciuto a forma di albero, accompagnato dal pino domestico e dal cedro. In fondo resta ancora la vecchia stalla.